Siamo noi gli artefici del nostro futuro!!! Uniti si vince!!!

Questo blog nasce dalla presa di coscienza di alcuni infermieri della loro importanza. Qui troverete molti articoli interessanti, aggiornamenti,

corsi ecm, informazioni sulla mobilità, non mancherà lo spazio per il confronto, il dialogo, l'ascolto, ci sarà la possibilità di porre quesiti di

carattere legale e professionale a cui riceverete risposte da personale competente... E infine c'è spazio per tutti, qualsiasi cosa vogliate

pubblicare sarà messa in risalto.

mercoledì 30 dicembre 2009

Dipendenti pubblici in malattia: da gennaio cambiano le fasce di reperibilità

Da gennaio, entreranno in vigore le nuove fasce di reperibilità per malattia dei dipendenti pubblici. La visita fiscalepotrà essere fatta, la mattina, dalle ore 9 alle ore 13 e, nel pomeriggio, dalle ore 15 alle ore 18. Toccherà, poi, aldottore inviare on line il certificato medico all'Inps, che lo girerà, sempre in via telematica, all'amministrazione diappartenenza del dipendente in malattia. L'annuncio è arrivato, da Palazzo Vidoni, direttamente dal ministro per laPubblica amministrazione, Renato Brunetta, che ha firmato, questa mattina, il decreto interministeriale, cheestende a 7 ore la fascia di reperibilità in caso di visita di controllo. Si torna, quindi, nuovamente indietro sulleconsistenza delle fasce di reperibilità, portate, quest'estate, a 4 ore, dopo che la legge 133 del 2008 le avevaestese a 10 ore giornaliere.Il provvedimento, che sarà pubblicato la prossima settimana nella Gazzetta Ufficiale, ha spiegato Brunetta, si èreso necessario per la preoccupante, a suo dire, "ripresa di comportamenti opportunistici" negli ultimi 4 mesi, chehanno visto crescere le assenze dal lavoro, in media, di circa il 20 per cento. La misura, però, non interesserà tuttii dipendenti pubblici malati. Saranno, infatti, previste eccezioni nei casi di malattie più gravi, quali, le patologieoncologiche e gli infortuni sul lavoro.Altra novità contenuta nel decreto, ha proseguito il ministro "antifannulloni", è la definitiva digitalizzazione deicertificati medici, che scatterà, sempre, da gennaio. Una misura, ha detto, che interesserà non solo il settorepubblico, ma, anche, quello privato, per un totale di circa 15 milioni di dipendenti. Per i primi mesi, sarà consentito,ancora, l'invio cartaceo del certificato di malattia, dopo di che il certificato dovrà viaggiare esclusivamente on line.Per i medici in particolari difficoltà, sarò previsto, comunque, un servizio telefonico per comunicare la diagnosi. Unpasso importante, ha ricordato Brunetta, che, entro il 2010, porterà, anche, alle prescrizioni mediche on line e alcompletamento, in tutte le Regioni, del fascicolo sanitario elettronico.La presentazione del nuovo decreto sulle fasce di reperibilità è stata, anche, l'occasione per fare il punto sul primoanno di applicazione delle misure "antifannulloni". In 12 mesi le assenze si sono ridotte del 38% (dato confermato,anche, l'altro ieri dalla Ragioneria generale dello Stato, nel Conto annuale 2008), con un recupero di oltre 14milioni di giornate lavorate. "È come - ha sottolineato Brunetta - se avessero lavorato 70mila impiegati in più, conun recupero di produttività stimato tra i 300 e i 500 milioni di euro".Ai dirigenti, ora, il compito di vigilare per evitare passi indietro. Responsabili troppo "permissivi" saranno punti conla decurtazione o la mancata attribuzione della retribuzione di risultato, fino alla più grave sospensionedall'incarico, con privazione della retribuzione. Con le nuove norme sul lavoro pubblico, rischia, anche, il medico seattesta il falso: carcere, radiazione dall'albo, decadenza della convenzione con il Ssn e licenziamento in tronco, sedipendente di struttura pubblica. Del resto, anche, l'impiegato "malato" ha una trattenuta sulla componenteaccessoria del suo salario, che varia, da 6 a 12, 13 euro, a seconda del comparto di appartenenza.

sabato 19 dicembre 2009

Nuove fasce reperibilità malattia.

Dalla prossima settimana scattano le nuove fasce orarie di reperibilita' per le visite mediche di controllo dei dipendenti pubblici in malattia. Le nuove fasce sono estese a 7 ore (dalle 4 attuali) e vanno dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18. Lo ha detto Renato Brunetta, spiegando di aver firmato la versione definitiva del relativo decreto. Il ministro intende cosi' combattere 'l'assenteismo opportunistico', che negli ultimi quattro mesi sembra essersi riaffacciato tra i dipendenti pubblici.

mercoledì 16 dicembre 2009

Torna il Ministero della Salute.

Torna il Ministero della Salute e gli infermieri tonano ad avere un referente istituzionale importante.Dopo lo scorporo dal maxi Ministero del Welfare, la Legge numero 172 del 13 Novembre 2009 istituisce nuovamente il Ministero della Salute. La normativa è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 28 Novembre scorso e dunque la novità entra in vigore il 13 Dicembre 2009. A partire da questa data potrà essere nominato anche il nuovo Ministro della Salute. Quando fu deciso l’accorpamento dei Ministeri della Salute, del Lavoro e della Previdenza Sociale nell’unico Dicastero del Welfare, gli organi rappresentativi degli infermieri espressero la loro contrarietà. Evidenziarono che un comparto chiave come quello della Sanità necessitava di strutture organizzative e programmatorie specifiche e autonome. Reclamarono perciò un’attenzione particolare e più puntuale da parte del Governo. La legge che reintroduce il Ministero della Salute raccoglie finalmente quelle nostre istanze e restituisce all’ambito infermieristico un soggetto politico diretto con cui confrontarsi. L’obiettivo degli infermieri è quello di migliorare l’offerta di salute ai cittadini. Dal nuovo Ministero e dal nuovo Ministro ci attendiamo un aiuto concreto per raggiungerlo.

Tempestività esposizione turni e cambi turno non concordati.

Con la sentenza della cassazione del 21 maggio 2008 n°14668 sancisce il diritto del lavoratore a programmarsi la propria vita privata.La questione : Molti dipendenti di un’azienda esercente pubblici servizi di trasporto, hanno chiesto al Tribunale di Napoli di condannare l’azienda al pagamento di un’indennità di disagio per omessa tempestiva programmazione degli orari di lavoro. La corte di cassazione ha dato loro ragione , ognuno ha il diritto di programmarsi la propria vita con un anticipo ragionevole e senza cambi non autorizzati che potrebbero compromettere questa liberta' di programmazione.Quindi si ritiene ragionevole ,nel caso dell'infermiere, far uscire i turni almeno il giorno 20 del mese prima, e i cambi turno devono essere concordati con il dipendente.

domenica 15 novembre 2009

Cassazione: il riposo compensativo a seguito di reperibilità festiva non lavorata, non riduce il debito orario settimanale

Cassazione: il riposo compensativo a seguito di reperibilità festivanon lavorata, non riduce il debito orario settimanaleCORTE DI CASSAZIONE, SEZ. LAVORO - sentenza 19 novembre 2008 n. 27477SVOLGIMENTO DEL PROCESSOCon distinti ricorsi al Tribunale di Orvieto depositati il 17.2.2003ed il 5.3.2003 e successivamente riuniti gliattuali intimati, dipendenti della Provincia di Terni, esponevano chedal 1992 al 2000 avevano osservato turnidi pronta reperibilità in giorni festivi destinati al riposo senzaprestazione di attività lavorativa e che laProvincia non aveva mai concesso loro il riposo compensativo previstodal D.P.R. n. 333 del 1990, art. 49,limitandosi a corrispondere l'indennità di reperibilità. Sostenevanodi aver diritto al risarcimento del danno,definito "biopsichico", per non aver usufruito di un giorno di riposocompensativo in corrispondenza con igiorni festivi in cui avevano prestato servizio di reperibilità.Chiedevano pertanto la condanna della Provinciaal risarcimento del danno da commisurarsi ad una giornata di normaleretribuzione o da determinarsi in viaequitativa per ogni giorno di riposo compensativo non goduto inrelazione alle giornate festive di reperibilità,che ciascuno indicava nel suo ricorso anno per anno.L'Amministrazione Provinciale di Terni si costituiva e resisteva nelmerito osservando che il riposocompensativo non riduceva la prestazione oraria di 36 ore settimanali,con la conseguenza che le oregiornaliere di lavoro (6) andavano ridistribuite negli altri giornidella stessa settimana; rilevava che nelperiodo considerato nessuno dei ricorrenti aveva chiesto di usufruiredel riposo compensativo con diversaarticolazione dell'orario di lavoro;escludeva comunque che iricorrenti avessero ricevuto alcun danno dalla reperibilità festiva.Il Tribunale di Orvieto, con sentenza depositata il 17.10.2003,rigettava i ricorsi.I lavoratori proponevano appello e la Corte di Appello di Perugia, consentenza depositata il 13.2.2006, inriforma della decisione del Tribunale, condannava l'ente convenuto acorrispondere ai ricorrenti, a titolo dirisarcimento danni per il mancato godimento del riposo compensativo,un compenso pari al 30% dellanormale retribuzione giornaliera per ogni giorno festivo di prontareperibilità ricadente nel periodo dal luglio1998 all'ottobre 2000, oltre accessori.La Corte territoriale osservava che il servizio di reperibilità svoltonel giorno destinato al riposo limita, anchesenza escluderlo del tutto, il godimento del riposo, che costituisceun diritto inderogabile fissato dall'art. 36Cost., con la conseguenza che i lavoratori hanno diritto ad untrattamento economico proporzionato allacorrispondente restrizione del godimento del riposo. Rilevava,inoltre, che anche il diritto al riposocompensativo nel caso in cui la reperibilità ricadeva in un giornofestivo, previsto dal D.P.R. 3 agosto 1990,n. 33, art. 49, comma 1, doveva ritenersi inderogabile, con laconseguenza che, in mancanza, il lavoratoreaveva diritto ad una somma a titolo di indennizzo. Riteneva quindi didover determinare la misura delrisarcimento del danno in via equitativa liquidandolo in misura parial 30% della normale retribuzionegiornaliera contrattuale; tale misura teneva conto sia del fatto cheil riposo festivo era stato solo compressoma non escluso, sia del fatto che anche in caso di reperibilità illavoratore era tenuto ad osservare l'orariosettimanale di lavoro.Per la cassazione di tale sentenza l'Amministrazione Provinciale diTerni ha proposto ricorso sostenuto datre motivi e illustrato con memoria. I lavoratori resistono con controricorso.MOTIVI DELLA DECISIONECon il primo motivo di ricorso la Provincia denuncia violazionedell'art. 36 Cost., del D.P.R. n. 333 del 1990,art. 49, comma 1, dell'art. 2109 c.c., e della L. 27 maggio 1949, n.260, artt. 1 e 2, nonchè omessamotivazione. Censura la sentenza impugnata laddove ha affermato lainderogabilità ed irrinunciabilità deldiritto al riposo compensativo confondendo la nozione di riposo doposei giorni consecutivi di lavoro,costituzionalmente tutelato, dal riposo nei giorni festivi,fattispecie non sempre coincidente con la prima.Lamenta che la Corte non abbia tenuto conto del fatto che, secondoquanto affermato dagli stessi lavoratori,nei giorni di reperibilità non vi era stata alcuna prestazionelavorativa e che la reperibilità era statacompensata con apposita indennità. Sostiene che il riposo compensativonel caso di reperibilità in giornofestivo si configura come diritto disponibile subordinato a domandadel lavoratore.Con il secondo motivo, denunciando omessa motivazione, la Provinciacensura la sentenza impugnata pernon aver considerato che l'eventuale (e non obbligatoria) diversaarticolazione delle ore lavorative del giornodi riposo compensativo doveva essere prevista e regolata da un accordocollettivo che nel periodoconsiderato dai ricorrenti non era ancora intervenuto. Lamenta altresìla mancata ammissione di una provatestimoniale.Con il terzo motivo, denunciando violazione degli artt. 2087, 1223 e2697 c.c., e violazione dell'art. 112c.p.c., la ricorrente censura la sentenza impugnata per aver liquidatoil danno in via equitativa, pur nonricorrendo le condizioni di legge per una siffatta liquidazione ed inmancanza di ogni prova da parte deilavoratori del preteso danno biopsichico che assumevano di aver subito.I primi due motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente per la loroconnessione, sono fondati nei limitidelle considerazioni che seguono.E' pacifico in fatto, per quanto concerne i lavoratori resistenti, cheil servizio di reperibilità è stato lororichiesto sempre in giorno di domenica, che il lavoro in detto giornofestivo non è stato mai effettivamenteprestato, che la reperibilità è stata compensata con appositaindennità e che il giorno di riposo compensativonon è stato nè richiesto dai lavoratori nè disposto dal datore di lavoro.Ciò premesso in fatto, si discute se i lavoratori abbiano comunquediritto ad un particolare ristoro per ildanno definito "biopsichico" conseguente al mancato godimento delgiorno di riposo compensativo.La reperibilità, prevista dalla disciplina collettiva, si configuracome una prestazione strumentale eaccessoria, qualitativamente diversa dalla prestazione di lavoro econsiste nell'obbligo del lavoratore di porsiin condizione di essere prontamente rintracciato in vista di unaeventuale prestazione lavorativa. Pertanto,non equivalendo ad una effettiva prestazione lavorativa, il serviziodi reperibilità svolto nel giorno destinato alriposo settimanale limita soltanto, senza escluderlo del tutto, ilgodimento del riposo stesso e comporta ildiritto ad un particolare trattamento economico aggiuntivo stabilitodalla contrattazione collettiva o, inmancanza, determinato dal Giudice. Nella specie la reperibilità èstata compensata con apposita indennità esu di essa non vi è discussione tra le parti.Il diritto (ulteriore) ad un giorno di riposo compensativo inrelazione al servizio di pronta reperibilità prestatoin giorno festivo senza effettiva prestazione di lavoro, come nel casodi specie, è previsto dallacontrattazione collettiva. Tale diritto non può trovare la sua fontenell'art. 36 Cost., che prevede il diritto(inderogabile) al riposo settimanale in relazione ad attivitàlavorativa effettivamente prestata e non ad altreobbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro; la pronta reperibilità,pur essendo una obbligazione che trovacausa nel rapporto di lavoro, non può essere equiparata allaprestazione effettiva di attività di lavoro, poichèè di tutta evidenza che la mera disponibilità alla eventualeprestazione incide diversamente sulle energiepsicofisiche del lavoratore rispetto al lavoro effettivo e ricevediversa tutela dall'ordinamento.Nella specie il diritto in esame trova la sua fonte nel D.P.R. n. 333del 1990, art. 49, secondo cui "qualora lapronta reperibilità cada in un giorno festivo, spetta un riposocompensativo senza riduzione del debito orariosettimanale". In forza di tale disposizione il dipendente in serviziodi pronta reperibilità in giorno festivo, chenon abbia reso prestazione lavorativa, ha diritto ad un giorno diriposo compensativo ma non alla riduzionedell'orario di lavoro settimanale, con la conseguenza che è tenuto arecuperare le sei ore lavorative delgiorno di riposo ridistribuendole nell'arco della settimana.Il cit. art. 49, non precisa se il riposo compensativo debba essererichiesto dal lavoratore o disposto d'ufficiodall'amministrazione, nè chiarisce in qual modo le sei ore di lavorodebbano essere recuperate. Solo nelmarzo 2002 è intervenuto un accordo tra l'Amministrazione provincialee le OO.SS. per regolare tali aspettidel rapporto. Per il periodo precedente, nel silenzio della norma,deve ritenersi conforme all'interesse deilavoratori una interpretazione della stessa che lasci ciascundipendente libero di valutare la convenienza diutilizzare il giorno di riposo compensativo con prolungamentodell'orario di lavoro in altri giorni dellasettimana. Ciò comporta di conseguenza che la concessione del giornodi riposo compensativo nel periodoconsiderato era subordinata alla richiesta del lavoratore. E' pacificoche gli attuali resistenti non hanno maichiesto di godere del giorno di riposo compensativo in relazione allereperibilità festive indicate negli attiintroduttivi. Il mancato godimento del riposo compensativo non puòdunque essere imputatoall'Amministrazione.I lavoratori resistenti, peraltro, neppure possono sostenere di aversubito un danno da usura psico-fisica inconseguenza del mancato recupero. I dipendenti, infatti, nei giornifestivi da loro indicati non hanno svoltoalcuna attività lavorativa e l'eventuale godimento del riposocompensativo non li esimeva comunquedall'obbligo di prestare 36 ore di lavoro settimanali. D'altro cantoall'obbligo di mera disponibilità ad unaeventuale prestazione non può attribuirsi una idoneità ad incidere sultessuto psicofisico del lavoratore taleda configurare una violazione di norme generali. Il compenso perl'obbligo di reperibilità non seguito daeffettiva attività lavorativa non può che essere lasciato allacontrattazione collettiva, che nella vicenda inesame non risulta esser stata disattesa.In definitiva i primi due motivi del ricorso devono essere accolti,mentre il terzo deve essere dichiaratoassorbito. La sentenza impugnata, pertanto, deve essere cassata. Nonessendo necessari ulterioriaccertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con ilrigetto delle domande introduttive.Sussistono giusti motivi, in relazione alla particolarità dellacontroversia ed alle contrastanti decisioni deiGiudici di merito, per compensare interamente tra le parti le spesedell'intero processo.P.Q.M.La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendonel merito rigetta le domandeintroduttive. Compensa tra le parti le spese dell'intero processo.Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2008.Depositata in Cancelleria il 19 novembre 2008.--

lunedì 9 novembre 2009

PASSA LA PROPOSTA F.S.I. SULLA LIBERA PROFESSIONE PER LE PROFESSIONI SANITARIE DEL COMPARTO. UN RISULTATO TUTT'ALTRO CHE SCONTATO, DA CONSOLIDARE.

Con un testo che non ci entusiasma per l’uso della definizione “operatori sanitari non medici” invece di quella più corretta “professioni sanitarie del comparto” è passato in commissione affari sociali, alla camera dei deputati, un testo che per la prima volta fornisce una formulazione soddisfacente per l'istituzione della libera professione intra ed extra moenia per le professioni sanitarie tecniche, infermieristiche e della riabilitazione. Questo dopo più di due lustri di opportune rivendicazioni da parte della FSI, la federazione sindacati indipendentiUn traguardo che pensavamo fosse diventato una chimera; e questo anche per colpa di organizzazioni poco sindacali come il nursing up che in cambio di qualche spicciolo per i coordinatori hanno svenduto la professionalità e la dirigenza già conquistate con leggi come la 251 o la 42. Certo, l’articolo 10 del provvedimento del cosi detto “governo clinico” è ben lungi dal potersi considerare un obiettivo centrato.La strada da compiere prima di una definitiva approvazione parlamentare è ancora lunga. Adesso il provvedimento passerà all'esame delle commissioni competenti, prima dell'invio in aula. E poi al senato. Siamo soddisfatti del riconoscimento parlamentare alle rivendicazioni della federazione sindacati indipendenti.Dobbiamo però prendere atto che nel medesimo provvedimento sono contenute, ancora una volta, alcune norme smaccatamente a favore della classe medica che ottiene la posticipazione del pensionamento a settant'anni per tutti i dirigenti medici e sanitari del Ssn, nonostante la «rottamazione » prevista dal ministro Brunetta.Prevista nel provvedimento anche la nascita nelle strutture sanitarie pubbliche di un servizio di ingegneria clinica, incaricato di sorvegliare e garantire l'uso sicuro, efficiente ed economico di apparecchi e impianti che avrebbe voce in capitolo anche sulla programmazione degli acquisti e sulla formazione del personale all'uso delle tecnologie

Articolo 10. (Libera professione intramuraria degli operatori sanitari non medici).1. Ai fini di un'efficace organizzazione dei servizi sanitari, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, gli operatori sanitari non medici, operanti con rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato nelle strutture sanitarie pubbliche, hanno diritto di esercitare attività libero-professionale, in forma singola o associata, al di fuori dell'orario di servizio, purché non sussista comprovato e specifico conflitto di interessi con le attività istituzionali. 2. L'attività libero-professionale di cui al comma precedente possono essere svolte anche in forma intramuraria presso le aziende sanitarie locali od ospedaliere, gli IRCCS e le strutture sanitarie convenzionate con il Servizio sanitario nazionale. A tal fine tali enti emanano, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, specifici regolamenti per l'effettuazione della libera professione intramuraria degli operatori sanitari non medici. 3. Nell'ambito dell'attività di cui al comma 1, il personale interessato svolge le proprie funzioni nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia. Emendamenti approvati ART. 10. Al comma 2, dopo la parola: intramuraria aggiungere le seguenti: ed allargata e dopo la parola: IRCCS aggiungere le seguenti: le Aziende universitarie policlinico.
10. 3.Palumbo.

domenica 11 ottobre 2009

CORTE di CASSAZIONE - Sentenza sulla somm.ne di sangue non compatibile col gruppo sanguigno del paziente

CORTE di CASSAZIONE – Penale Sezione IV, Sent. n. 8615 del 27 febbraio 2008
CAUTELE E RESPONSABILITÀ DEL MEDICO AL CAMBIO DI TURNO
Nel caso di specie relativo alla somministrazione di sangue non compatibile con il gruppo sanguigno del paziente,la pronuncia nel rigettare il ricorso del medico condannato, conferma la responsabilità in capo al medico di turno,coinvolgendo anche l'infermiere per compimento dell'errore materiale, circa l'obbligo nei confronti dei pazienti circa la assunzione della c.d. posizione di garanzia che consiste nell' informarsi presso il medico “smontante” circa le condizioni di salute dei ricoverati, in particolare di quelli maggiormente a rischio o che necessitano di particolari cure. Infatti il medico di turno svolgendo un ruolo attivo è tenuto a richiedere le informazioni necessarie anche nel caso in cui il collega che lo preceda nonabbia seguito la doverosa prassi di metterlo al corrente in merito alle condizioni dei pazienti e nel caso di
specie sulla disposta trasfusione di sangue da cui lo scambio fatale di sangue non compatibile.
-Avv. Maurizio Danza

Questo il testo della sentenza
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. M.M. veniva imputato di avere cagionato la morte di C.F. per colpa consistita nel non avere controllato la sacca di sangue prima della sua somministrazione al predetto paziente ricoverato nella struttura ospedaliera di X ove l'imputato operava come medico in turno dalle ore 14 del giorno X alle ore 8 del giorno dopo e nel non avere concordato con l'infermiera, imputata dello stesso reato, le modalità di esecuzione della trasfusione, dando alla stessa precise disposizioni in merito.
2. Condannato dal Tribunale di Massa con sentenza del 10.5.04 alla pena di mesi nove di reclusione, con la concessione delle attenuanti generiche e del beneficio della sospensione condizionale della pena, il M. ha interposto appello, contestando di essere responsabile della morte del paziente a causa della somministrazione di sangue non compatibile con il suo gruppo sanguigno, in quanto essa era stata disposta dal Dott. G. che lo aveva preceduto nel turno di guardia ed era stato assolto dal tribunale, mentre l'errore materiale era stato compiuto dall'infermiera che si era assunta ogni responsabilità ed aveva patteggiato la pena. Aggiungeva che la cartella clinica non sarebbe stata disponibile in reparto e non era stato informato dal collega smontante della prescrizione di trasfusione di sangue, nonostante con questi
avesse effettuato il giro dei pazienti. Pertanto il mancato controllo tra il nominativo riportato sulla sacca e l'identità del paziente non era stato effettuato non per carenza di diligenza, ma a causa della carenza di comunicazione.
3. La Corte d'appello affermava che il doppio controllo affidato all'infermiera ed al medico circa la
corrispondenza del nominativo della sacca con quello del paziente da sottoporre alla trasfusione, nonché il gruppo sanguigno dello stesso era regolato da un protocollo interno all'ospedale che richiedeva anche che le manovre tecniche della trasfusione fossero compiute sotto la sorveglianza medica. Inoltre affermava che il medico di guardia è persona che opera attivamente ed è tenuto a conoscere quanto sta accadendo in reparto, in particolare essendo il suo un reparto di rianimazione;che il non avere ricevuto le consegne dal collega era una sua deduzione e che in ogni caso era tenuto ad informarsi sullo stato dei pazienti e le prescrizioni impartite; che nel reparto vi erano solo due pazienti in situazione critica ed uno di questi era il C.; infine che
le due sacche di sangue erano situate ai piedi del letto per cui il Dott. M. non poteva non averle viste durante il giro dei pazienti effettuato con il Dott. G..
4. Avverso la sentenza impugnata l'imputato ha proposto ricorso per cassazione deducendo la violazione dell'art. 521 c.p.p., comma 2, in quanto l'omicidio colposo gli era stato contestato in cooperazione colposa con altri due medici che erano stati assolti, mentre il reato era rimasto a carico solo di esso ricorrente.
Pertanto, a suo avviso, non poteva permanere l'accusa di non avere concordato con il Dott. G. le disposizioni in ordine alla somministrazione di sangue al paziente dal momento che il predetto era stato assolto dal reato e soprattutto i termini della colpa erano stati identificati dalla corte in modo diverso dalla contestazione contenuta nel capo d'accusa, vale a dire nel fatto di non essersi preoccupato di svolgere il suo compito e in una autonoma violazione del regolamento che disciplina le prassi delle trasfusioni. Con un ulteriore argomento il ricorrente censura l'affermazione relativa al mancato controllo della cartella clinica, deducendo la mancata assunzione di una prova decisiva, costituita dall'acquisizione della pagina del
diario infermieristico della giornata che avrebbe chiarito come detta cartella non si trovasse nel reparto di rianimazione e quindi non fosse visionabile, né contenesse l'aggiornamento relativo alla trasfusione di sangue. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la manifesta illogicità della sentenza per contraddittorietà della motivazione in quanto nel momento in cui venne fatto il giro dei pazienti il C. non era trasfuso, ma sottoposto ad infusione di plasma, per cui nessuna sacca era in attesa di essere trasfusa, ordine che venne dato dal Dott. G. oralmente all'infermiera prima di terminare il suo turno, mentre esso ricorrente era presente in reparto, ma non alle consegne alla predetta, senza averlo in alcun modo preavvertito o potuto annotare sulla cartella che non si trovava in reparto. La motivazione solo apparente contenuta nella sentenza impugnata sarebbe, pertanto, anche in contrasto con le risultanze dei fatti. Il Procuratore generale ha
concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
5. Il ricorso è infondato e va rigettato.
Il ricorrente trascura il principio già affermato dalla giurisprudenza di questa Corte (sent. 4^, Sez. 1.12.04, Di Lonardo) secondo il quale il medico di turno assume nei confronti dei pazienti una posizione di garanzia, il che lo obbliga ad informarsi dal medico smontante sulle condizioni di salute dei pazienti ricoverati, in particolare di quelli maggiormente a rischio o che necessitano di particolari cure. Il giudice di merito ha seguito questo principio, ritenendo che il Dott. M. dovesse avere un ruolo attivo e fosse tenuto a richiedere le informazioni necessarie anche nel caso in cui il medico che lo precedeva nel turno non avesse seguito la doverosa prassi di ragguagliarlo sulle condizioni dei pazienti e nel caso di specie sulla disposta trasfusione di sangue. Risulta in modo incontestabile che i due medici fecero il giro dei pazienti e che due erano quelli
in situazione delicata. Uno di questi era il C..Per tale ragione la corte espone le ragioni per le quali ritiene incredibile che l'imputato non fosse stato messo al corrente delle trasfusioni da effettuare sul predetto, dal momento che si trattava di un soggetto che aveva subito un intervento chirurgico, al quale era prevedibile si dovesse somministrare plasma e sangue. Lo stesso ricorrente, nell'affermare che la corte ha preso un abbaglio, riconosce di sapere che il C. era stato sottoposto ad infusione di plasma, il che sottolineava che lo stesso aveva bisogno di sostegno di questo tipo, per cui non poteva ignorare le altre cure disposte dal Dott. G. prima di lasciare il reparto, indipendentemente dal fatto che la cartella clinica fosse o meno a sua
disposizione. I giudici di merito attribuiscono all'imputato ricorrente la responsabilità dell'evento in primo luogo non credendo al fatto che non gli fosse stata riferita dal collega la necessità della trasfusione di sangue ed inoltre, se anche ciò non fosse avvenuto, per questa sua negligenza, vale a dire di non essersi diligentemente attivato nel seguire il paziente concertando con l'infermiera le modalità esecutive delle somministrazioni. Se ciò avesse fatto non gli sarebbe sfuggita la disposizione di trasfusione di sangue ed avrebbe potuto effettuare il controllo incrociato previsto dal protocollo dell'ospedale.
6. Questo tipo di ragionamento non è viziato da illogicità ma si inserisce in un percorso ineccepibile e rigoroso, rispettoso dei principi che regolano il tema della colpa relativa ai soggetti che svolgono una funzione di garanzia, ed in sintonia con le emergenze processuali.Quanto alla mancanza di correlazione tra il capo di imputazione e la decisione, si osserva che l'assoluzione degli altri due medici non incide sull'imputazione attraverso la quale al Dott. M. venne addebitato il mancato controllo della sacca di sangue (circostanza che non coinvolgeva i due
colleghi) e nel non avere concordato l'esecuzione della trasfusione, ipotesi che rimane ferma rispetto all'attività svolta dall'infermiera, prima artefice con la sua condotta dell'errore di cui fu vittima il C.. Pertanto anche questo motivo di doglianza non è fondato, come non è fondata la censura circa l'omessa ammissione di una prova decisiva, relativa all'accertamento della presenza in reparto della cartella clinica, in quanto la colpa dell'imputato viene ricostruita dai giudici di merito anche trascurando tale elemento di incolpazione, sul ribadito presupposto che al medico di turno spetta di informarsi su tutte le disposizione mediche assunte dal collega che lo ha preceduto, anche se non ha disposizione la cartella o se non ne è stato previamente informato durante il giro dei pazienti effettuato insieme.
6. Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2008.
Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2008

martedì 15 settembre 2009

Influenza H1N1: dalla virologia alla pandemia attuale. Il ruolo dell'operatore sanitario.

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Influenza H1N1: dalla virologia alla pandemia attuale.
Il ruolo dell’operatore sanitario

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venerdì 13 novembre venerdì 13 novembre
Il caldo di questi giorni d’estate allontana il pensiero che tra un paio
di settimane arriverà l’autunno e con esso incominceranno a fare capolino nel nostro Paese i primi mali di stagione. Quest’anno, oltre alla tradizionale influenza, toccherà difenderci anche dal nuovo virus A H1N1. Dalla fine del 2003, da quando cioè i focolai di influenza aviaria da virus A/H5N1 sono divenuti endemici nei volatili nell’area estremo orientale, ed il virus ha causato infezioni gravi anche negli uomini, è diventato più concreto e persistente il rischio di una pandemia influenzale. Per questo motivo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha raccomandato a tutti i Paesi di mettere a punto un Piano pandemico e di aggiornarlo costantemente seguendo linee guida concordate. L’Italia ha predisposto il Piano nazionale di preparazione e risposta per una pandemia influenzale, secondo le indicazioni dell’OMS del 2005, contenente linee guida per la stesura dei Piani pandemici regionali. L’obiettivo del Piano è rafforzare la preparazione alla pandemia a livello nazionale e locale. Per quanto riguarda l’infuenza “A”, i cui focolai iniziali sono stati registrati in Messico quest’anno, l’OMS, dopo l’ identificazione di alcuni casi confermati anche in altri paesi e in Europa, ha elevato in pochi giorni il livello di attenzione per la preparazione e la risposta a una pandemia influenzale e dichiarato l’11 giugno 2009 il periodo pandemico (livello 6) dell’influenza “A”. In Italia la Circolare del 27 luglio 2009 rivolta agli operatori ha aggiornato le indicazioni relative alla prevenzione, sorveglianza e controllo della nuova influenza da virus influenzale A(H1N1). Naturalmente oltre alle misure di carattere epidemiologico generale, una preparazione di operatori sanitari di prima linea quali gli infemieri può contribuire a fare instaurare nella popolazione generale quei comportamenti molto semplici ma utilissimi per contrastare la diffusione della pandemia. Diffusione che andando incontro ai mesi freddi è da attendersi vada incrementando. Che cosa è l’A H1N1? Quanto è pericolosa? A queste domande, a distanza di mesi dai primi casi è ancora difficile dare una risposta esaustiva ed univoca. L’unica certezza è che il virus corre nel mondo al ritmo di 5.000 malati al giorno e le aree del globo contagiate si espandono a macchia d’olio. In Italia siamo oggi a 1.800 casi, nell’Europa così vicina a noi sono registrati 44.651 e 94 decessi.La polemica, tra chi grida all’allarme e tra chi chiede di abbassare i toni minimizzandone la pericolosità, si infittisce sempre di più. Il risultato è che il cittadino, di fronte a dati allarmanti e a notizie spesso discordanti, si sente sempre più preoccupato e disorientato.
10.00 Registrazione, apertura dei lavori e saluto ai partecipanti 10:15 Le pandemie influenzali: analisi storico epidemiologica. I virus respiratori con particolare riguardo al virus influenzale A(H1N1). 11:45 Cenni di microbiologia e di patologia generale delle infezioni virali influenzali. Loro diffusione e replicazione. 13:15 Lunch 14:15 La diagnosi differenziale delle malattie trasmissibili dell’apparato respiratorio 15:45 Manifestazioni cliniche e terapia dell’influenza a (H1N1). Impiego dei farmaci antivirali la terapia delle malattie trasmissibili dell’apparato respiratorio (salicilati e paracetamolo, sintomatici di mal di gola e tosse, antibiotici, ecc.) 16:15 Pandemia influenzale e vaccinazione. Linee guida oms e del governo italiano 17:45 Chiusura dei lavori sabato 14 novembre
09:00 Azioni di prevenzione della pandemia influenzale: indicazioni pratiche di comportamenti per l’operatore sanitario. La prevenzione: igienica (pulizia del corpo e delle mani, degli oggetti, mascherine si o no?, Riduzione del fumo, comportamento in luoghi chiusi e affollati, scolarità, la protezione degli operatori sanitari nel loro contatto con il pubblico, ecc.). 10:45 Il ruolo dell’alimentazione (l’implementazione di frutta e verdura, la corretta idratazione, la corretta gestione di vitamine, minerali, integratori alimentari e naturali) 12:30 Il ruolo del sanitario (counselling, comunicazione, informazione) con simulazione role playing di comunicazione 13:45 Test finale 10:00 Arrivo e sistemazione nelle camere 13:00 Pranzo in albergo 14:00 Pomeriggio da dedicare allo svago e relax nel centro termale alberghiero oppure ad una passeggiata nelle stradine caratteristiche dell’isola. 20:00 Cena e pernattamento sabato 14 novembre
09:00 Colazione e mattinata libera a disposizione per dedicarsi allo shopping oppure scoprire le bellezza dell’isola. 13:00 Pranzo in albergo 14:00 Pomeriggio da dedicare al relax oppure visita dell’isola 20:00 Cena e serata danzante domenica 15 novembre
09:00 Colazione e rilascio camere. Partenza successiva per i luoghi di destinazione. Quota di partecipazione:
€ 250,00 Congressisti € 150,00 Accompagnatori
La Quota comprende:
Iscrizione al congresso Attestazione crediti Ecm Kit Materiali congressuali Soggiorno ad Ischia, Hotel 3/4 stelle, da Venerdì a Domenica Sistemazione in camere doppie
Trattamento di pensione completa e bevande ai pasti Programma sociale.

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CORSO DI AGGIORNAMENTO PER CPS INFERMIERE

21 SETTEMBRE 2009


"IL CONTRATTO DI LAVORO, INQUADRAMENTO GIURIDICO E IL CODICE DISCIPLINARE APPLICABILE AL PERSONALE SANITARIO: IL PROFILO PROFESSINALE CPS INFERMIERE"

IL SALONE DI RAPPRESENTANZA DELL’OSPEDALE CIVILE DI ROCCASPIDE (SA) VIA SANTA PALOMBA

P RO G RA M M A

Orario 08.30 – 09.30
CONTRATTAZIONE DECENTRATA INTEGRATIVA E
CONTRATTAZIONE COLLETTIVA NAZIONALE :
DIFFERENZE ED INNOVAZIONE DEL NUOVO SISTEMA .
Orario 09.45 - 10.45
FONDI CONTRATTUALI E LORO FINANZIAMENTO:
UTILIZZO ED INTERSCAMBIABILITA’ .

Orario 11.00 - 12.00
L’ORARIO DI LAVORO , L’ORARIO DI SERVIZIO
E L’ORARIO DI APERTURA AL PUBBLICO
DEFINIZIONI VARIE E FLESSIBILITA’ DELL’ ORARIO.

Orario 13.00 – 15.00
DECLARATORIA E PROFILO PROFESSIONALE
DELL’INFERMIERE : DM 739/1994 , DAL MANSIONARIO
ALLA AUTONOMIA PROFESSIONALE .


Orario 15.15 – 16.15
IL CODICE DISCIPLINARE DAL CCNL 01 SETTEMBRE 1995
AL CCNL 2002 – 2005 .

Orario 16.30 - 17.30
IL CODICE DEONTOLOGICO .


Orario 17.30 - 18.30
L’INFERMIERE ED IL CONTRATTO DI LAVORO .



Orario 18.30 – 19.30
IL CODICE DI DISCIPLINA : CONTESTAZIONE DEGLI
ADDEBITI , PROCEDIMENTI DISCIPLINARI E SISTEMA
DI SANZIONI .
Orario 19.30 – 20.00
TEST DI APPRENDIMENTO

CREDITI OTTENUTI N°6

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venerdì 7 agosto 2009

Tabella arretrati contrattuali CCNL Sanità

Posizione economica:

Arretrati 2008* Arretrati 2009 ** Aumento da agosto 2009***

DS6 € 150,15 €647,15 € 92,45

DS5 € 144,17 €621,53 € 88,79

DS4 € 139,88 € 602,84 € 86,12

DS3 € 135,72 € 584,92 € 83,56

DS2 € 130,65 € 563,29 € 80,47

DS1 € 125,84 € 542,22 € 77,46

DS € 121,03 € 521,78 € 74,54

D6 € 136,24 € 586,88 € 83,84

D5 € 131,43 € 566,44 € 80,92

D4 € 127,53 € 549,92 € 78,56

D3 € 123,89 € 533,75 € 76,25

D2 € 120,12 € 517,72 € 73,96

D1 € 116,35 € 501,55 € 71,65

D € 112,19 € 483,84 € 69,12

C5 € 125,32 € 540,26 € 77,18

C4 € 119,60 € 515,41 € 73,63

C3 € 114,01 € 491,61 € 70,23

C2 € 110,37 € 475,44 € 67,92

C1 € 106,60 € 459,41 € 65,63

C € 103,35 € 445,62 € 63,66

BS5 € 108,03 € 465,85 € 66,55

BS4 € 104,65 € 450,87 € 64,41

BS3 € 101,27 € 436,45 € 62,35

BS2 € 99,19 € 427,70 € 61,10

BS1 € 96,33 € 415,38 € 59,34

BS € 93,47 € 402,78 € 57,54

B5 € 101,27 € 436,52 € 62,36

B4 € 99,19 € 427,63 € 61,09

B3 € 97,24 € 418,95 € 59,85

B2 € 95,42 € 411,60 € 58,80

B1 € 92,82 € 399,91 € 57,13

B € 90,22 € 388,78 € 55,54

A5 € 92,43 € 398,58 € 56,94

A4 € 90,87 € 391,86 € 55,98

A3 € 89,31 € 385,21 € 55,03

A2 € 88,01 € 379,47 € 54,21

A1 € 85,80 € 369,74 € 52,82

A € 83,46 € 359,73 € 51,39

L'importo degli arretrati è stato calcolato ipotizzando che l'aumento entri in vigore a partire da agosto
*Importo arretrati 2008 al lordo della eventuale indennità di vacanza contrattuale già pagata
** Importo arretrati 2009 al lordo della eventuale indennità di vacanza contrattuale già pagata fino a luglio 2009
*** importo a partire dal agosto 2009 compreso

News sicurezza

DECRETO LEGISLATIVO 3 AGOSTO 2009, N. 106. DISPOSIZIONI INTEGRATIVE E
CORRETTIVE DEL DECRETO LEGISLATIVO 9 APRILE 2008, N. 81, IN MATERIA DI
TUTELA DELLA SALUTE E DELLA SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO
Ieri 5 agosto 2009 e' stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il Decreto Legislativo 3 agosto 2009, n. 106. "Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro" correttivo del Testo Unico Sicurezza .
Nelle prossime news gli approfondimenti sulle novità in materia.

news mobbing

IL CAPO TI STRESSA? PER LA CASSAZIONE O METTE MANO AI 'FRENI
INIBITORI' O PAGA I DANNI PER L'ANSIA PROCURATA
Il capo che stressa in continuazione il dipendente, con un ''continuo e pressante stillicidio
finalizzato a sminuirne le capacità professionali', lo deve risarcire per i danni patiti. Parola di
Cassazione che invita i capi irascibili a mettere mano ai ''freni inibitori'' in ufficio, diversamente
dovranno rimborsare il lavoratore che a causa delle vessazioni ha subito uno ''stress emotivo''.
In questo modo la quarta sezione penale (sentenza 23923), pur dichiarando l'intervenuta
prescrizione del reato, ha confermato che Luigi D. M., funzionario dirigente della pretura di
Imperia, dovrà risarcire un'operatrice amministrativa che lavorava presso il suo ufficio, Rita C., per lo "stato ansioso depressivo con tachicardia in stress emotivo" causato dalle continue vessazioni in ufficio.
Come ricostruisce la sentenza di Piazza Cavour, Luigi D. M., in sostituzione di una funzionaria in
congedo per maternità, per cinque mesi dal novembre '98 al 4 maggio '99, aveva svolto le funzioni di dirigente della Pretura di Imperia e, come tale, dava ordini alla operatrice amministrativa Rita C.
Il fatto e', sottolinea ancora la sentenza della Cassazione, che l'uomo in quei cinque mesi aveva
preso a vessare l'impiegata offendendone l'onore e il decoro e dicendole: ''Lei e' una falsa, non
finisce qui, gliela farò pagare... E' un'irresponsabile, non si vergogna''.
Risultato, Rita certificato medico alla mano, era stata costretta a prendere sette giorni di riposo e
cura e successivamente altri 15 giorni per ''stress emotivo'' causato dalle continue vessazioni del
dirigente. Immediata la denuncia dell'impiegata e la condanna di Luigi D. M. a 20 giorni di
reclusione (pena sospesa con la condizionale) nonché al risarcimento dei danni in favore della
donna. Sanzione inflitta dal Tribunale di Imperia il 15 dicembre 2003 e convalidata dalla Corte
d'Appello di Genova il 30 novembre 2005.
Il dirigente, ricorrendo in Cassazione, si e' salvato soltanto per quel che riguarda la condanna penale essendo maturata nel frattempo la prescrizione del reato. Tuttavia il dirigente dovrà risarcire la suadipendente per lo stato di stress causato dal mobbing anche perché, come sottoscrive la Suprema Corte, ''appare di intuitiva evidenza che, sotto il profilo della prevedibilità, quel comportamento addebitato'' al capo ''potesse sfociare nelle conseguenze lesive lamentate, secondo il parametro di apprezzamento riferibile all'uomo medio, cioè ad un qualsiasi soggetto che, dotato di comuni poteripercettivi e valutativi, intenda doverosamente prefigurarsi la gamma delle possibili conseguenze delsuo agire e sia, perciò', indotto ad attivare i suoi conseguenti poteri inibitori''.

news politiche del lavoro

PUBBLICATA IL 4 AGOSTO LA LEGGE DI CONVERSIONE DEL DECRETO LEGGE 1
LUGLIO 2009 C.D. PROVVEDIMENTO ANTICRISI:
LE NOVITA'
CONFERMATO IL RITORNO ALLE VECCHIE FASCE DI REPERIBILITA' ( 10-12 E 17-
19) PER I DIPENDENTI DEL PUBBLICO IMPIEGO CONTRATTUALIZZATO
DURANTE LA MALATTIA.
A tal proposito l' Art 17 legge di conversione 3 agosto 2009, n. 102 del decreto-legge 1 luglio
2009, n. 78, recante: «Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini» (GU n. 179 del 4-8-2009
NEWS POLITICHE DEL LAVORO
- Suppl. Ordinario n.140) che al comma 23 lett.c ha soppresso il secondo periodo dell'art.71 della
Legge n°133 del 2008 che aveva previsto fasce più estese per il controllo della malattia dei
dipendenti contrattualizzati del pubblico impiego.
ABROGATO IL COMMA 5 DELL'ART 71 CHE AVEVA PREVISTO LA NON
EQUIPARAZIONE TRA ASSENZA DAL SERVIZIO E PRESENZA AI FINI DELLA
DITRIBUZIONE DEL TRATTAMENTO ACCESSORIO.
A tal proposito l'art 17 comma 23 che alla lett d) ha abrogato espressamente il comma 5 dell'art
71 della Legge n°133 del 2008,stabilendo inoltre che” gli effetti di tale abrogazione concernono le
assenze effettuate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto. In sostanza la
nuova disciplina si applica solo agli eventi di malattia successivi al decreto legge 1 luglio 2009, n.
78 convertito poi con legge n°102/09.
GLI ACCERTAMENTI MEDICO-LEGALI DELLE ASSENZE PER MALATTIA
RIENTRANO NEI COMPITI DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE E A TOTALE
CARICO DELLA ASL.
Questa la norma dell'art 71 della Legge n°133 del 2008 a seguito dell'inserimento del nuovo comma
«5-bis( dopo il comma 5) da parte dell'art 17 comma 23 lett.e della Legge n°102 del 3 agosto 2009”
Gli accertamenti medico-legali sui dipendenti assenti dal servizio per malattia effettuati dalle
aziende sanitarie locali su richiesta delle Amministrazioni pubbliche interessate rientrano nei
compiti istituzionali del Servizio sanitario nazionale; conseguentemente i relativi oneri
restano comunque a carico delle aziende sanitarie locali.
PROROGATO AL 31/12/2010 IL TERMINE DI EFFICACIA DELLE GRADUATORIE
DEI CONCORSI PER ASSUNZIONI APPROVATE DOPO IL 30 SETTEMBRE 2003
A tal proposito il comma 19 dell'art 17 suindicato della Legge n°102 del 3 agosto 2009.” L'efficacia
delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato, relative alle
amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni delle assunzioni, approvate successivamente
al 30 settembre 2003, e' prorogata fino al 31 dicembre 2010.
GUERRA AGLI ABUSI NELL'UTILIZZO DEL LAVORO FLESSIBILE NELLA
P.A.:OBBLIGO DEL RAPPORTO INFORMATIVO SULLE TIPOLOGIE DI LAVORO DA
PARTE DEL DIRIGENTE PENA LA PERDITA DELLA RETRIBUZONE DI RISULTATO.
Questo il testo del comma 23 dell'art 17 che sostituisce il comma 3 dell' articolo 71 della legge 6
agosto 2008, n. 133, e' “ Al fine di combattere gli abusi nell'utilizzo del lavoro flessibile, entro il 31
dicembre di ogni anno, sulla base di apposite istruzioni fornite con Direttiva del Ministro per
la pubblica amministrazione e l'innovazione, le amministrazioni redigono, ( senza nuovi o
maggiori oneri per la finanza pubblica, ) un analitico rapporto informativo sulle tipologie di lavoro
flessibile utilizzate da trasmettere, entro il 31 gennaio di ciascun anno, ai nuclei di valutazione o ai
servizi di controllo interno di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, nonché alla
Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica che redige una
relazione annuale al Parlamento. Al dirigente responsabile di irregolarità nell'utilizzo del
lavoro flessibile non può essere erogata la retribuzione di risultato”.

News politiche sociali

STABILIZZAZIONI E ASSUNZIONI PRECARI SECONDO CRITERI GIA' PREVISTI
DALLE LEGGI FINANZIARIE 2007 E 2008 : L'ART 17 DELLA LEGGE N°102 DEL 3
AGOSTO 2009( G.U. 179 DEL 4 AGOSTO 2009).
Si pubblicano di seguito i commi da 10 a 17 che riguardano le assunzioni dei precari:
10. Nel triennio 2010-2012, le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nel rispetto della programmazione triennale del
fabbisogno nonché dei vincoli finanziari previsti dalla normativa vigente in materia di assunzioni
e di contenimento della spesa di personale secondo i rispettivi regimi limitativi fissati dai
documenti di finanza pubblica, e per le amministrazioni interessate, previo espletamento della
procedura di cui all'articolo 35, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e
successive modificazioni, possono bandire concorsi per le assunzioni a tempo indeterminato con
una riserva di posti, non superiore al 40 per cento dei posti messi a concorso, per il personale
non dirigenziale in possesso dei requisiti di cui all'articolo 1, commi 519 e 558, della legge 27
dicembre 2006, n. 296 (( e all'articolo 3, comma 90, )) della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
( Tale percentuale può essere innalzata fino al 50 per cento dei posti messi a concorso per i
comuni che, allo scopo di assicurare un'efficace esercizio delle funzioni e di tutti i servizi
generali comunali in ambiti territoriali adeguati, si costituiscono in un'unione ai sensi
dell'articolo 32 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli
enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, fino al raggiungimento di ventimila
abitanti. ).
11. Nel triennio 2010-2012, le amministrazioni di cui al comma 10,nel rispetto della
programmazione triennale del fabbisogno nonché dei vincoli finanziari previsti dalla normativa
vigente in materia di assunzioni e di contenimento della spesa di personale secondo i
NEWS POLITICHE SOCIALI
NEWS POLITICHE PREVIDENZIALI
rispettivi regimi limitativi fissati dai documenti di finanza pubblica e, per le amministrazioni
interessate, previo espletamento della procedura di cui all'articolo 35, comma 4, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, possono altresì bandire
concorsi pubblici per titoli ed esami, finalizzati a valorizzare con apposito punteggio
l'esperienza professionale maturata dal personale di cui al comma 10 del presente articolo (( nonché
dal personale di cui )) all'articolo 3, comma 94, lettera b), della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
12. Per il triennio 2010-2012, le amministrazioni di cui al comma 10, nel rispetto dei vincoli
finanziari previsti in materia di assunzioni e di contenimento della spesa di personale, secondo i
rispettivi regimi limitativi fissati dai documenti di finanza pubblica, possono assumere,
limitatamente alle qualifiche di cui all'articolo 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, e
successive modificazioni, il personale in possesso dei requisiti di anzianita' previsti dal comma
10 del presente articolo maturati nelle medesime qualifiche e nella stessa amministrazione.
Sono a tal fine predisposte da ciascuna amministrazione apposite graduatorie, previa
prova di idoneità ove non già svolta all'atto dell'assunzione. Le predette graduatorie hanno
efficacia non oltre il 31 dicembre 2012.
13. Per il triennio 2010-2012 le amministrazioni di cui al comma 10 possono destinare il 40
per cento delle risorse finanziarie disponibili (( ai sensi della normativa )) vigente in materia di
assunzioni ovvero di contenimento della spesa di personale, secondo i rispettivi regimi limitativi
fissati dai documenti di finanza pubblica, per le assunzioni dei vincitori delle procedure
concorsuali bandite ai sensi dei commi 10 e 11.
14. (( (Soppresso). ))
15. Il termine per procedere alle stabilizzazioni di personale relative alle cessazioni
verificatesi nell'anno 2007, di cui all'articolo 1, comma 526 della legge 27 dicembre 2006, n.
296 e successive modificazioni, e' prorogato al 31 dicembre 2010 e le relative autorizzazioni
possono essere concesse entro il 31 dicembre 2009.
16. Il termine per procedere alle assunzioni di personale a tempo indeterminato di cui
all'articolo 1, comma 527 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 e successive modificazioni, e'
prorogato al 31 dicembre 2010 e le relative autorizzazioni possono essere concesse entro il 31
dicembre 2009.
17. Il termine per procedere alle assunzioni di personale a tempo indeterminato relative alle
cessazioni verificatesi nell'anno 2008, di cui all'articolo 66, commi 3, 5 e 14 del decreto-legge 25
giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e
successive modificazioni, e' prorogato al 31 dicembre 2010 e le relative autorizzazioni possono
essere concesse entro il 31 marzo 2010.

News politiche previdenziali

PENSIONE DI REVERSIBILITA' - SVANTAGGI DALL'INPS E INPDAP
Si segnala come le pensioni di reversibilità INPS e INPDAP siano legate al reddito del coniuge superstite
in modo iniquo e discriminante, premiando il caso del coniuge superstite che non ha mai lavorato.
Mentre nel caso di pensionato ENPAM al coniuge superstite và una pensione pari al 70% di quella
percepita dal marito medico, nel caso dell'INPDAP o dell'INPS alla consorte spetterebbe il 60%
della pensione dell'estinto ridotta del 30%, del 36%, del 45% a seconda che il sopravvissuto abbia
un reddito annuale pari a 3 volte, 4 volte, 5 volte il minimo INPS.

sabato 25 luglio 2009

SIGLATE LE MODIFICHE AL CCNL A SEGUITO PARZIALE CERTIFICAZIONE CORTE DEI CONTI

Nel pomeriggio del 20 luglio si è tenuto il previsto incontro all'ARAN per le modifiche necessarie al testo dell'articolo 10 dell'Ipotesi di CCNL 2008-2009 come richieste dalla Corte dei Conti in data 10 luglio u.s.Il nuovo testo dell'articolo 10, riporta in grassetto tutte le modifiche necessarie ai fini di ricercare l?auspicata e indispensabile certificazione positiva della Corte dei Conti fin dalla prossima seduta del 30 luglio.
La nostra federazione ha ricercato nella definizione del nuovo testo contrattuale dell'articolo 10 la conferma dei contenuti e degli obiettivi principali del contratto e cioè l'ntroduzione della possibilità di definire a livello regionale degli accordi sulle risorse regionali aggiuntive finalizzati al miglioramento delle prestazioni e alla valorizzazione dei lavoratori e della loro carriera.Nella trattativa di ieri sono stati proposte le tre modifiche richieste dalla Corte dei Conti e in particolare:- La previsione che lo 0,80% fino al limite massimo dello 0,80%, (a tale riguardo confermata la volontà espressa dal comitato di settore di riconoscere la quota intera dello 0,80%, ad eccezione delle regioni sottoposte a piano di rientro) ;- La previsione che lo 0,80% derivi da economie di bilancio; - L?inserimento di specifici indicatori generali di misurazione certa degli obiettivi regionali conseguiti con lo 0,80% ( indicatori che andranno inseriti come allegato al testo contrattuale e che siano materia di confronto regionale) Modifiche - come si comprende - che non hanno intaccato il ruolo del confronto regionale già revisto nell'Ipotesi di CCNL 2008-2009 e che può guardare anche materie non contrattuali aventi riflessi sul rapporto di lavoro degli operatori.Attendiamo ora una rapida conclusione dell'iter contrattuale .

CCNL SANITA': SI SBROGLI LA MATASSA O I LAVORATORI FARANNO SENTIRE LA LORO VOCE

lunedì 13 luglio 2009
La Corte dei Conti ha certificato l'ipotesi di accordo del 14 Maggio 2009 con l'eccezione dell'articolo 10 (risorse aggiuntive regionali). Le osservazioni della Corte quindi riguardano uno dei punti più importanti dell'accordo contrattuale, il comma 3 dello stesso articolo - che non avrebbe rispondenza con l'atto di indirizzo - ma anche le modalità di erogazione dello 0,80%. Assistiamo quindi ancora al depauperamento delle decisioni assunte al tavolo negoziale e alla cattiva abitudine di mettere in discussione a posteriori le scelte effettuate dalla controparte pubblica. Insomma le organizzazioni possono trattare il contratto ma non con chi decide; e poi tutti possono metterci il naso. Questa vicenda dimostra ancora una volta i limiti dell'attuale sistema contrattuale delle aree delle pubbliche amministrazioni. Abbiamo già avuto modo di rappresentare in tutte le sedi, parlamentari e di governo che gradiremmo avere al tavolo un interlocutore qualificato e con i poteri decisionali del caso. Possiamo solo constatare che per quanto qualificata l'agenzia non ha i poteri che noi chiediamo. Le Regioni e il Comitato di Settore trovino il modo di sbrogliare la matassa o i lavoratori del settore faranno sentire la loro voce in modo forte e chiaro. La Segreteria Nazionale

STRUTTURE TRANSITORIAMENTE ACCREDITATE

STRUTTURE TRANSITORIAMENTE ACCREDITATE
T.A.R. PUGLIA - BARI - 10 luglio 2009 numero 1809
1. Sanità - Assistenza - Strutture di riabilitazione psichiatrica - Strutture transitoriamente accreditate
Stipula accordi contrattuali - Diritto - Sussistenza - Ragioni
2. Sanità - Assistenza - Strutture di riabilitazione psichiatrica - Contratti - Stipula - Criteri
applicabili - Legittimità - Sussistenza - Casi - Conseguenze
1. Il fatto che enti transitoriamente accreditati, abbiano provveduto a presentare la domanda di
accreditamento istituzionale nei termini di legge, senza che la Regione Puglia abbia ancora concluso la relativa fase istruttoria ai sensi della L.R. n. 8/2004, come mod. dalla L.R. n. 6/2006, abilita i medesimi alla stipula degli accordi al pari dei soggetti accreditati in via istituzionale, dal momento che le strutture transitoriamente accreditate non hanno appunto cessato di esistere, ma sono state invece equiparate a quelle provvisoriamente accreditate dall'art. 36, L.R. n. 10/2007.
2. L'art. 9 co. 3, Regolamento della Regione Puglia 8 luglio 2008 n. 11, relativo all' organizzazione
delle strutture riabilitative psichiatriche residenziali e diurne pubbliche e private, è chiaro nel fissare il criterio delle valutazioni equiparative della qualità e dei costi al fine della stipulazione degli accordi contrattuali come concorrente indice di valutazione insieme ad altri criteri, e non assume di per sé, carattere irrazionale o illogico tale da poter essere censurato in sede di sindacato giurisdizionale di legittimità.

venerdì 3 luglio 2009

Con FSI studiare on line costa la metà!!!

Cari colleghi, la FSI ha stipulato una convenzione con l'Università telematica UNITELMA per cui adesso STUDIARE ON LINE COSTA LA META’!!!

Federazione Sindacati Indipendenti




Convenzione con l’ università telematica TELMA

Gli Associati alla FSI ed i loro famigliari potranno beneficiare di importanti agevolazioni per l’ iscrizione a corsi di laurea, master ed ECM

Gli associati alla FSI, e i loro famigliari potranno fruire delle seguenti agevolazioni e servizi:
● riduzione del 50.% della tassa universitaria richiesta per l'iscrizione ai master
●la tassa universitaria per l’immatricolazione ai corsi di Laurea e Laurea Specialistica sarà determinata in € 1.500 a fronte di un numero minimo di immatricolazioni concordato in 50.
●la riduzione delle tasse è prevista per tutte le attività didattiche e di formazione che l'Università attiverà in vigenza della convenzione sottoscritta;●l'Università si è impegnata a garantire, senza oneri aggiuntivi, e per un ulteriore anno dal conseguimento del titolo di studio universitario, l'accesso ai servizi on line
L'interessato potrà immatricolarsi ovvero iscriversi quando lo riterrà più opportuno, senza vincoli temporali.
Inoltre se hai un’esperienza lavorativa attinente alle materie dei corsi di laurea puoi ottenere una prevalutazione dei crediti universitari.
Corsi di Laurea Triennale, Specialistica e Magistrale
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Corso di Laurea Magistrale a Ciclo Unico in Giurisprudenza
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lunedì 29 giugno 2009

IL GOVERNO TIENE CONTO DELLE NOSTRE RICHIESTE E MODIFICA PARTE DELLA LEGGE 133

IL GOVERNO TIENE CONTO DELLE NOSTRE RICHIESTE E MODIFICA PARTE DELLA LEGGE 133
Decreto anticrisi: cancellata la norma vessatoria nei confronti dei lavoratori pubblici e ritorna l’equiparazione tra pubblico e privato delle fasce di reperibilità dei lavoratori in malattia. Si torna, insomma, alle vecchie fasce di reperibilità 10-12 e 17-19.
Il Governo ha approvato, nel CDM di ieri, la manovra anticrisi dell'estate. La manovra economica prevede molte disposizioni di natura diversa, per lo più finalizzate al contrasto dell’attuale criticità della congiuntura economica.
Nel testo anche l'abrogazione dei tagli al salario di produttività collegato alle assenze per permessi.
Il Segretario Generale USAE - Adamo Bonazzi - ha commentato: “ Siamo contenti che con le modifiche previste con il comma 23 dell'art. 17 quella brutta norma sia stata cancellata. La diversità di trattamento fra i lavoratori del settore pubblico e quello privato era veramente inaccettabile e probabilmente conteneva anche dei profili di illegittimità costituzionale. Abbiamo chiesto più volte al Ministro Brunetta e al Governo tutto di rettificare il tiro e di intervenire. Un plauso a chi sa ritornare sui propri passi.”

Ecco le modifiche previste con il comma 23 dell'art. 17 - Enti pubblici: economie, controlli, Corte dei conti :

All’articolo 71 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1-bis è sostituito dal seguente: «1-bis. A decorrere dall’anno 2009, limitatamente alle assenze per malattia di cui al comma 1 del personale del comparto sicurezza e difesa nonché del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, gli emolumenti di carattere continuativo correlati allo specifico status e alle peculiari condizioni di impiego di tale personale sono equiparati al trattamento economico fondamentale»;
b) al comma 2 dopo le parole: «mediante presentazione di certificazione medica rilasciata da struttura sanitaria pubblica» sono aggiunte le seguenti: «o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale»;
c) al comma 3 è soppresso il secondo periodo;
d) il comma 5 è abrogato. Gli effetti di tale abrogazione concernono le assenze effettuate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto;
e) dopo il comma 5, sono inseriti i seguenti:
“5-bis. Gli accertamenti medico-legali sui dipendenti assenti dal servizio per malattia effettuati dalle aziende sanitarie locali su richiesta delle Amministrazioni pubbliche interessate rientrano nei compiti istituzionali del Servizio sanitario nazionale; conseguentemente i relativi oneri restano comunque a carico delle aziende sanitarie locali.
5-ter. A decorrere dall’anno 2010 in sede di riparto delle risorse per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale è individuata una quota di finanziamento destinata agli scopi di cui al comma 5-bis, ripartita fra le regioni tenendo conto dell’incidenza sui propri territori di dipendenti pubblici; gli accertamenti di cui al comma 1 sono effettuati nei limiti delle ordinarie risorse disponibili a tale scopo.”.

martedì 16 giugno 2009

Sentenza 11\3\2005 relativa alla responsabilità penale solidale tra medici ed infermieri per evento morte del paziente

Cari colleghi, il nostro Avvocato dott. Maurizio Danza mi ha inviato questa interessantissima sentenza relativa alla responsabilità penale solidale tra medici ed infermieri per evento morte del paziente dovuto secondo la Cassazione al deserto assistenziale dell'intera struttura sanitaria. Essa si basa sull'obbligo di garanzia del malato che incombe ormai, quale principio costituzionale della tutela del diritto alla salute( ex art 32 della Cost) e secondo consolidata giurisprudenza su chiunque sia all'interno delle strutture e su tutto il personale sia medico che paramedico( come lo definisce ancora erroneamente la Cassazione).La Suprema Corte richiama la notissima pronuncia Franzese del 2002 che rappresenta ancora oggi rappresenta la pietra miliare per la ricostruzione del rapporto di causa ed effetto in materia di responsabilità sanitaria penale.


CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE IV PENALE
SENTENZA 1° DICEMBRE 2004 - 11 MARZO 2005, N. 9739
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza in data 3 luglio 2000 del tribunale di Bari in composizione monocratica, D.
Antonio, G. Giuseppe, L. Annalinda, P. Dora e C. Damiana venivano assolti con la formula
“perché il fatto non sussiste” dal reato di cui agli articoli 113, 589 Cp loro ascritto perché
“per colpa, consistita in imprudenza, negligenza ed imperizia, cagionavano la morte di S.
Michele, avvenuta in Bari il 7 novembre 1995, per arresto cardiacocircolatorio terminale in
soggetto affetto da shock infettivo a ipavolemico” ed in particolare “il G. quale medico di
guardia interdivisionale (dalle ore 20 del 6 novembre 1995 alle ore 8.00 del 07 novembre
1995) presso l’istituto Policattedra di chirurgia d’urgenza, chirurgia plastica e chirurgia
ricostruttiva dell’Università di Bari-Policlinico, la L. quale medico tirocinante nel reparto di
chirurgia plastica (presente nel corso dello stesso turno), la P. e la C. quali infermiere
professionali presso il citato reparto nello stesso turno, omettevano di controllare i
parametri vitali del paziente S. Michele. Il ricoverato a seguito di ustioni di primo e secondo
grado e sottoposto a due interventi chirurgici (il primo di escarectomia della regione
posteriore delle cosce e riparo con innesti dermo-epidermici, effettuato il 4 ottobre 1995 ed
il secondo di escarectomia tangenziale delle gambe e della regione lombare, riparata con
innesti cutanei prelevati dagli arti superiori e dai glutei, eseguito il 6 novembre 1995 dalle
ore 17.00 alle ore 21.00), che evidenziavano lo stato di shock, omettendo
conseguentemente di intervenire tempestivamente e rendendo pertanto irreversibile la
sindrome in atto che conduceva alla morte; il D., quale chirurgo che aveva eseguito
l’intervento del 6 novembre 1995, per aver posto in essere le condizioni che causarono
l’esito infausto dell’intervento, omettendo tra l’altro. di chiedere una preventiva consulenza
anestesiologica, e per aver omesso da un lato di tenere anch’egli sotto diretto controllo il
decorso post operatorio del paziente, nonostante si fosse in presenza di un intervento
delicato e di urgenza, e dall’altro, di vigilare affinché il personale medico e paramedico del
turno sopra indicato controllasse i parametri vitali del S.”.
Il Tribunale, premesso che il capo di imputazione non spiegava neppure in che modo ed in
quale misura l’omesso controllo dei parametri vitali avesse esplicato efficienza causale
sull’evento, perveniva alla assoluzione dì tutti gli imputati in forza della considerazione che
mancava qualsiasi prova del necessario nesso eziologico tra la condotta omissiva
contestata a medici ed infermiere ed il decesso dei paziente affidato alle loro cure.
Avverso detta sentenza proponevano rituale e tempestivo appello il Pg ed il patrono delle
parti civili costituite, svolgendo motivi di doglianza in parte comuni e chiedendo la riforme
della impugnata sentenza.
Nel corso del battimento di secondo grado veniva disposta perizia medico legale intesa ad
accertare quali erano state le cause della morte del S. e se tempestivi ed appropriati
interventi terapeutici avrebbero potuto evitarne la morte; i periti venivano autorizzati ad
acquisire il “diario infermieristico” della notte del decesso e dei giorni immediatamente
precedenti e successivi che però non fu possibile ottenere. Acquisita la documentazione
depositata dalle parti e sentiti i periti ed i consulenti di parte, la Corte di appello
pronunciava sentenza con cui riconosceva la responsabilità di D. Antonio, G. Giuseppe, P.
Dora e C. Damiana, condannandoli, in concorso di attenuanti generiche, alla pena di mesi
quattro di reclusione ciascuno, oltre che al risarcimento dei danni in favore delle parti civili
alle quali assegnava una provvisionale ed al rimborso delle spese di lite. Assolveva L.
Annalinda per non aver commesso il fatto.
La Corte ricostruiva con precisione la sequenza degli avvenimenti che precedettero il
decesso del S. ponendo maggiore attenzione a quanto si era verificato dopo il secondo
intervento operatorio, atteso che fino ad allora il trattamento del paziente era risultato
regolare. Il S., di anni 46 era stato ricoverato a seguito di un infortunio domestico nel quale
riportò ustioni estese a circa li 50% della superficie corporea e sottoposto in data 4 ottobre
1995 ad un primo intervento chirurgico, e ad un secondo, quello in esame, il 6 novembre
1995; a tale secondo intervento era giunto in condizioni sostanzialmente buone tanto che
l’anestesista che lo visitò giudicò che l’intervento avesse un grado di rischio inferiore a
quello precedente. L’operazione ebbe luogo nel pomeriggio, con inizio alle 17.15 e fine
alle 20.20 (ora della estubazione); tutto si svolse regolarmente ed all’esito l’anestesista
ordino di eseguire un controllo radiografico del torace e gli esami urgenti post operatori
all’arrivo in reparto: controllo ed esami che non vennero prontamente eseguiti. Il D.
prescrisse una terapia farmacologia, tramite flebo, che non venne compiutamente
somministrata (solo una flebo risulta essere stata effettuata e neanche completata); non
venne effettuato alcun controllo del polso, pressione e temperatura.
Nel corso della notte le due donne più volte sollecitarono il personale paramedico,
dapprima segnalando che il gocciolamento della flebo era lento, che dopo il precedente
intervento era stata fatta una trasfusione ematica ed erano stati somministrati più liquidi
per via venosa ed albumina, poi richiamando l’attenzione sul fatto che il paziente accusava
brividi, sudorazione e conati di vomito nonché sulla scarsezza di urine contenute nella
sacca, rimasta immutata dal momento in cui il paziente era stato riportato in reparto; esse
sollecitavano anche l’intervento di un medico, ma sempre ricevendo risposte volte ad
assicurare la regolarità del decorso post operatorio e il suggerimento di aumentare le
coperte (fino a giungere a otto) e di inumidire le labbra del paziente. Verso le sei del
mattino la moglie del S. misurava la temperatura corporea del marito, che ad una prima
misurazione risultava dì 36 gradi e poco dopo di 35. Nel frattempo era giunta la L. (medico
tirocinante) che controllò il ritmo cardiaco del S. e cercò di tranquillizzare la donna, ma il
paziente continuava a peggiorare fino a che verso le sette le infermiere del nuovo turno
trasferirono il paziente nel reparto rianimazione; solo allora sopraggiunse il medico di
guardia interdivisionale, dott. G. Dalla cartella del reparto rianimazione risulta che il
paziente vi giunse “collassato, cute pallida e sudata, polsi periferici e centrali non
apprezzabili, diuresi contratta, in coma, non risponde agli stimoli verbali, risponde in
maniera incoordinata agli stimoli nocicettivi”. Alle otto del mattino, nonostante i tentativi per
rianimarlo, avveniva l’exitus del paziente per collasso cardiocircolatorio irreversibile.
La Corte dava atto di aver effettuato tale ricostruzione sulla base delle dichiarazioni della
moglie del S., che durante la notte era stata costantemente al suo fianco, e della teste
Tarantini Rosetta, infermiera professionale, amica dì famiglia, che delle 21.30 del 6
novembre alle 5.45 circa della mattina successiva si era unita alla moglie nell’assistenza
del S., dichiarazioni ritenute pienamente attendibili sia per la loro precisione e
concordanza, sia perchè confermate dalle annotazioni della cartella clinica redatta al
momento del rícovero del S. in rianimazione, in assenza di un diario infermieristico, mai
acquisito od esibito, nonostante l’espressa autorizzazione ottenuta dai periti non poteva
dunque darsi credito a diverse allegazioni difensive.
I RICORSI
Antonio D. denuncia vizio di motivazione in ordine alla affermazione di responsabilità
basata solo sul fatto di non aver impartito ferree disposizioni scritte o orale al personale
medico o paramedico cui il paziente veniva affidato, in ordine alla gestione post operatoria.
La stessa sentenza da atto che egli ha bene adempiuto l’intervento operatorio; di quanto
avvenuto successivamente - del “deserto assistenziale” riscontrato dalla sentenza - egli
non può e non deve essere chiamato a rispondere; la situazione critica per il paziente
nasce nel reparto di terapia intensiva, dopo che il D. ha esaurito il suo compito e pertanto
l’adempimento del proprio obbligo di protezione; tutte le (eventuali) macroscopiche, a dire
della corte, inadempienze verificatesi in quel reparto sono assolutamente autonome e da
valutare autonomamente in quanto facenti capo a soggetti cui l’obbligo di garanzia era
stato trasferito, interrompendo il nesso di causalità rispetto a quanto verificatosi
(correttamente) sino a quel momento; non vi è prova che le disposizioni sarebbero state
osservate; la stessa Corte avrebbe riconosciuto che altri erano i soggetti che avevano il
dovere di protezione e sorveglianza del paziente e cioè il personale del reparto di terapia
intensiva dove il paziente era stato trasferito all’esito dell’intervento operatorio, reparto
dove la sorveglianza avrebbe dovuto essere adeguata per definizione. Non sussiste
dunque nesso causale tra il comportamento del D.e l’evento, atteso che se colpa vi fu
questa è solo del personale del reparto. Peraltro nessun rapporto di causalità poteva dirsi
regolarmente accertato in assenza di certezza sulla causa di morte.
G. Giuseppe denuncia violazione dì legge e manifesta illogicità di motivazione in quanto la
Corte di appello - trascurando le conclusione dei periti che avevano ritenuto impossibile
porre una affidabile diagnosi quanto a causa della morte, formulando al riguardo solo
ipotesi ha ritenuto di poter addivenire ad una ricostruzione certa sulla sola base delle
dichiarazioni della parte offesa, in particolare formulando nei confronti del G. un addebito
colposo omesso di controllare i parametri vitali del paziente e pertanto di intervenire
tempestivamente rendendo pertanto irreversibile la sindrome in atto che conduceva il
paziente a morte) che non teneva conto, da un lato, delle conclusioni della perizia secondo
cui il S. al termine dell’intervento operatorio non necessitava di un controllo continuo dei
parametri vitali e, dall’altro, dei compiti del medico di guardia interdivisionale, quali
specificati in un documento che la stesso Corte di appello aveva richiesto ma di cui non
aveva fatto utilizzazione, compiti che sono soltanto dì intervento su richiesta; è pacifico
viceversa che egli non venne mai chiamato dalle infermiere.
Damiana C. denuncia illogicità o mancanza di motivazione per travisamento del fatto.
Elevata al rango di prova una mera ipotesi formulata dai periti (shock ipovolemico a
seguito di un sanguinamento massivo da ulcera gastrica o intestinale) prendendo a
riferimento solo i sintomi riferiti dalla parte civile M. e dalla teste Tarantini; tuttavia le due
testi non avrebbero dichiarato al dibattimento quello che la Corte di appello ritiene, ed in
particolare che il S. presentava nausea, sudorazione, ingravescente astenia e conati di
vomito, per cui macroscopico sarebbe il travisamento atteso che il secondo giudice
ricostruisce le cause della morte solo sulla base di tali sintomi, sintomi che però
potrebbero desumersi solo dall’esposto presentato dalla M. e dalle sommarie informazioni
rese dalla Tarantini, atti inutilizzabili al fini della prova. Anche l’accertamento relativo al
quantitativo di urine e alle flebo effettuate sarebbe frutto di travisamento. In realtà, come
gli stessi periti hanno riconosciuto, la causa della morte è rimasta ignota e da ciò deriva la
impossibilità di effettuare il giudizio controfattuale; neppure è stato chiarito quale ulteriore
intervento medico sarebbe stato idoneo ad impedire l’evento: l’accertamento del nesso
causale non soddisfa dunque quei requisiti di certezza posti in luce dalla più recente
giurisprudenza.
Dora P. denuncia difetto ed illogicità della motivazione.
Le affermazioni secondo le quali il S. è stato abbandonato a sé stesso e le infermiere di
turno si limitarono a tranquillizzare le due donne che lo assistevano, non facendo niente
per verificare se le loro preoccupazioni avessero fondamento sarebbero smentite dalle
risultanze processuali ed in particolare dal foglio termografico da cui risulta che la
temperatura è stata misurata due volte e che la quantità di urina era di 300 mt;
l’affermazione di essere in presenza dì una diuresi contratta stante l’alterazione della cifra
1 in 3 era solo una mera congettura dell’estensore della sentenza; la sentenza sarebbe
illogica anche nel ritenere che il personale paramedico potesse riconoscere quei sintomi
che debbono essere riconosciuti dal medico. Impossibilità di ritenere accertato il nesso di
causalità non conoscendosi la causa della morte.
Al dibattimento sono state depositate conclusioni dell’Avv. Prof. Fabrizio L. per D., e
conclusioni e nota spese delle parti civili costituite.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I ricorsi, pur ritualmente proposti, sono infondati.
In via preliminare mette conto escludere la intervenuta prescrizione del reato per le
sospensioni intervenute nelle more del giudizio, già computate alla decorsa udienza del 2
aprile 2004, innanzi a questa Suprema Corte, con provvedimento di sospensione, in detta
udienza, del termine di prescrizione, infatti dette sospensioni, come quella determinata alla
citata udienza del 2 aprile 2004, sono tutte imputabili alla difesa degli imputati, e
determinano il non utile decorso del tempo - nella specifica ottica della prescrizione
secondo l’indirizzo di queste SS. UU. 1021/01, Cremonese.
Nel merito.
Sul ricorso del D. Antonio, va innanzi tutto precisato che egli, nella qualità di capo della
equipe operatoria, fu titolare di una posizione dì garanzia nell’ambito della quale, secondo
quanto accertato dalle precedenti sentenze di merito, risolse imprudentemente di
effettuare un intervento altamente specialistico (quale quello praticato al paziente S.
Michele) nell’ultimo turno pomeridiano, e così nell’approssimarsi della notte: tempo nel
quale, secondo regola di comune esperienza, il presidio medico e paramedico, nei reparti
ospedalieri (anche in quelli organizzati, a differenza di quello dì cui qui si discute, secondo
criteri accettabili), è notevolmente meno allertabile alle emergenze che non nelle ore dei
giorno.
Inoltre egli, concluso l’intervento, nel trasferire la sua posizione di garanzia all’unico
medico di guardia che aveva sotto il proprio controllo il reparto di terapia intensiva,
unitamente ad altri due reparti facenti capo all’istituto policattedra che li raggruppava, non
curò di fornire le necessarie indicazioni terapeutiche e dei controlli dei parametri vitali del
paziente appena operato, né si preoccupò di seguire direttamente - anche per interposta
persona il decorso post operatorio si che il S., abbandonato a sé stesso anche per il
disinteresse sia dell’unico medico di guardia notturno, sia del personale paramedico del
tutto professionalmente incapace ed assente, e sia persino della medico tirocinante dello
specifico reparto ove il paziente era stato sottoposto ad intervento chirurgico, sì spense
rapidamente a causa di un certo shock ipovelmico seguito a sanguinamento massivo da
ulcera gastrica o intestinale, e del probabile e conseguente instaurarsi di un’ulcera
sanguinante forse anche seguita da perforazione.
Il ricorrente ha denunciato l’adozione di un criterio probabilistico nella individuazione della
causa dell’evento, e dunque una violazione dei canoni della più recente giurisprudenza dì
questa Corte a SS.UU. (la pronuncia Franzese dei 30328/02). Per contro deve invece farsi
rilevare che la Corte si è espressa nei seguenti termini: “…le cause della morte sono state
indicate. con apprezzabile grado di assoluta verosimiglianza, scientificamente ancorato ai
dati clinici desunti dalla documentazione sanitaria acquisita. In uno shock ipovolemico a
seguito di sanguinamento massivo da ulcera gastrica o intestinale”; ed ha anche indicato i
dati oggettivi sui quali la detta ipotesi, formulata dai periti, è stata ritenuta fondata (quali le
possibili cause dell’instaurarsi di tale ulcera). Gli stessi giudici hanno indicato il
versamento endocavitario ed il conseguente shock ipovolemico, dato caratterizzato da
“assoluta fondatezza”, partendo, tra l’altro, dai precedenti valori ottimali di ematocrito (35%
prima dell’intervento).
La mancata pratica della terapia indicata dall’operatore, consistente in 1500 cc di liquidi
nel corso della notte, della terapia farmacologia prescritta, e degli altri presidi
tempestivamente praticabili, solo che fossero stati svolti gli accertamenti “urgenti” prescritti
dall’anestesista, o ritenuti necessari dal controllo medico che in alcun modo può mancare
nella fase post operatoria di un intervento talmente delicato, sarebbero stati tali da
certamente evitare l’evento al quale si è pervenuti attraverso un iter che la Corte di merito
ha descritto e qualificato come di totale abbandono. E ciò solo che l’imputato avesse
“eletto”, al fine di trasferire la propria posizione di garanzia, in maniera adeguatamente
oculata i soggetti che avrebbero dovuto seguire poi il decorso post operatorio del paziente,
nella immediatezza del suo ritorno in reparto, e nelle seguenti ore della notte.
Può dunque affermarsi che, nel caso del dottor D. il rimprovero di non aver usato il
comportamento conseguente alla delicatissima posizione di garanzia che gli era
propria, in vista della fase post operatoria, trasferendo tale posizione ad un reparto
che egli sapeva (o avrebbe dovuto sapere) affidato solo a personale paramedico
(indipendentemente dalla competenza diligenza e scrupolo che costoro
possedessero) certamente non in grado di far fronte all’assistenza di pazienti
appena sottoposti ad interventi di alta chirurgia, ed ad un medico di guardia per
contratto disponibile solo dietro chiamata o “a richiesta”, è stato ineccepibilmente
motivato.
Infatti, in tali condizioni, si può dire che egli ha abbandonato il paziente a sé stesso,
avendo la piena consapevolezza di tale abbandono.
Che poi, da tale situazione di abbandono sia derivata la incredibile mancata pratica delle
cure e somministrazioni di liquidi che lo stesso primario aveva ordinato, e che da questa
sia derivato il progressivo deterioramento delle funzioni vitali del paziente che, avendo
perduto già plasma durante l’intervento (1000 mi), ne continuava a perdere per
sanguinamento da ulcera, sino a pervenire allo shock ipovolemico, è fatto che risulta
chiaramente attraverso la ricostruzione della dinamica degli eventi caratterizzata dalla
totale assenza di assistenza e controllo del malato, pur in presenza di numerose
segnalazioni di dati allarmanti sul decorso post operatorio, da parte della moglie e
dell’amica di famiglia che ne seguirono impotenti il percorso verso l’irreparabile. Ma di tali
successive e gravi omissioni il ricorrente non può valersi quale scusante della propria
condotta omissiva, in quanto vale qui la regola sempre affermato da questa Suprema
Corte e secondo la quale chi versa in colpa non può invocare a propria scusante la
condotta colposa altrui.
In materia, per altro, il condiviso orientamento di questa Suprema Corte è nel senso che
gli operatori di una struttura sanitaria, medici e paramedici, sono tutti “ex lege” portatori di
una posizione di garanzia, espressione dell’obbligo di solidarietà costituzionalmente
imposto ex articolo 2 e 32 Costituzione nei confronti dei pazienti, la cui salute essi devono
tutelare contro qualsivoglia pericolo che ne minacci l’integrità; e l’obbligo di protezione
perdura per l’intero tempo del turno di lavoro. (Cassazione penale, Sezione quarta, 2
marzo 2000 n. 9638, Troiano). Si che correttamente la Corte di merito ha ritenuto che il
ricorrente non abbia adempiuto al proprio obbligo nei termini di cui innanzi.
Sul nesso eziologico, ritiene questa Corte integrare sufficientemente l’obbligo della
motivazione imposto al Giudice di merito la sua individuazione nella mancata esecuzione
della radiografia del torace e degli accertamenti prescritti dall’anestesista, nella mancata
indicazione delle necessarie disposizioni “scritte ed orali” al personale medico e
paramedico cui il paziente veniva affidato nella fase post -operatoria, tanto che nulla di
tutto ciò fu praticato al S. né nell’immediato e nemmeno nel corso di tutta la notte.
Da tali omessi controlli e terapie, conseguirono le insorgenze che condussero a morte il
paziente. Omissioni imputabili innanzi di ogni altro al D., a titolo di colpa integrata dal
connotato della imprudenza e della negligenza. Ove tutto ciò non fosse stato omesso,
deduce la impugnata sentenza, l’evento si sarebbe evitato.
La sentenza de qua ha inoltre bene evidenziato che, per altro, egli sapeva bene che -
come prima già indicato - la sua posizione di garanzia non veniva trasmessa a personale
sanitario idoneo a riceverla (e pertanto con culpa in eligendo), ed anzi che veniva trasferita
praticamente a nessuno.
Tale condotta è stata ritenuta idonea a determinare nel paziente quella ulteriore perdita di
liquido ematico che, sommata alla perdita subita durante l’intervento, ed in assenza di
reintegrazione di liquidi, di terapia alcuna e di controllo medico, ha determinato il
progressivo scadimento delle complessive condizioni vitali del S. che, solo dopo un tempo
individuato attorno alle sei e trenta del mattino (ora fino alla quale è stata ritenuta la
possibilità di un intervento idoneo a salvare la vita del paziente) è divenuto irreversibile. Da
qui la corretta contestazione della cooperazione colposa con il medico di guardia e con il
personale infermieristico, i quali tutti hanno inserito una condotta parte, utile elemento ai
fini della determinazione dell’evento; né sembra del tutto peregrina la critica alla sentenza,
di qualche difensore, in sede di discussione, secondo cui non riesce comprensibile come
sia stata assolta la specializzanda dott L., rimasta nel turno notturno a presidiare il reparto
in relazione proprio ai compiti specifici del dott. D., presso il cui reparto la stessa svolgeva
la sua attività, la quale, informata dalla moglie del paziente del peggioramento delle
condizioni del marito, non si attivò personalmente con adeguate iniziative, nella sua qualità
di medico, non chiamò il medico di guardia, e nemmeno controllò il (non) normale
funzionamento della flebo e la (mancata) assunzione delle cure anche farmacologiche
prescritte dall’anestesista e dal suo stesso direttore al momento di rinviare il S. al reparto
di terapia intensiva.
Quanto alla impugnazione proposta dal D., pertanto- assorbita in quanto precedentemente
osservato ogni ulteriore considerazione critica formulata nell’interesse del ricorrente - il
ricorso dove essere ritenuto infondato in ogni sua parte, al limite della inammissibilità, e
deve essere pertanto integralmente rigettato.
Non diversa sorte può avere il ricorso del dottor G.
Deve infatti qui ricordarsi l’insegnamento di questa Corte, riferito innanzi in ordine alla
posizione del Dottor D., secondo il quale (vale la pena ricordarlo) gli operatori di una
struttura sanitaria, medici e paramedici, sono tutti “ex lege” portatori di una posizione di
garanzia, espressione dell’obbligo di solidarietà costituzionalmente imposto ex articolo 2 e
32 Costituzione, nei confronti dei pazienti, la cui salute devono tutelare contro qualsivoglia
pericolo che ne minacci l’integrità - l’obbligo di protezione perdura per l’intero tempo del
turno di lavoro. (Cassazione penale, Sezione quarta, 9638/00, Troiano)
Egli ritorna a porre in discussione, con il suo ricorso, la causa mortis, a suo parere
imperscrutabile per la (certo assai colpevole) mancata esecuzione dei dovuto esame
autoptico sul cadavere
E tuttavia, come detto qui prima, in relazione alla posizione dei Dottor D., tale causa della
morte è stata individuata dalla Corte di merito in maniera dei tutto inequivoca e
categoricamente addossata alla responsabilità degli imputati, fra i quali spicca il ricorrente
per la totale sua assenza di controllo dovuto, a giudizio di questa Corte, nei termini e per le
previsioni normative indicate nella prima riferita pronuncia ad inizio di turno e poi durante
tutto il corso della notte. E ciò, indipendentemente dai suoi obblighi contrattuali.
Senza ritornare a valutate gli esiti peritali poiché questa Corte non deve effettuare
incursioni negli atti probatori, limitandosi solo ad esaminare gli atti impugnati e gli atti
d’impugnazione onde valutare la coerenza logica dei primi, e la capacità di questi a
resistere alla critiche di ricorso (Sezione Prima, 10 febbraio 2000, n. 94). basta osservare
che, proprio in applicazione dei principi costituzionali indicati dalla pronuncia n. 963812000
di questa Corte, ed in considerazione, dunque, della tenutezza dei medico, cui era affidato
il reparto, di previamente informarsi quanto meno delle situazioni di emergenza esistenti al
momento della sua assunzione di responsabilità e di garanzia (e certamente tale era
quella della persona offesa per le ripetute ragioni connesse alla delicatezza dei subito
intervento ed alla necessità di essere seguito con attenzione particolare nella delicatissima
fase post operatoria), il ricorso alla clausola contrattuale che avrebbe configurato il suo
obbligo di intervento su chiamata (e poi, chiamata da parte di chi, nel caso di specie?) è
dei tutto privo di rilievo, come la corte di merito ha ritenuto, pronunciando nei confronti di
costui sentenza di condanna per le ragioni ivi spiegate secondo convincente, ragionevole
e condivise motivazione.
A pag. 21 di sentenza, infatti, la Corte evidenzia come fu proprio a causa del notevole
intervallo di tempo trascorso fra la comparsa di quei sintomi che avrebbero Imposto, se
doverosamente rilevati, l’instaurazione di una idonea terapia, ed il momento
dell’irreversibile aggravamento verificatosi dopo le ore 6,30” che ebbe a verificarsi l’evento,
specie In considerazione dei fatto che l’essere il paziente affidato ad una struttura “di
altissimo livello operativo (istituto policattedra di terapia di urgenza dei Policlinico di Bari)”
avrebbe dovuto consentire che, praticati nei tempi congrui gli interventi farmacologici e
chirurgici appropriati, fosse evitato l’evento. E conclude: “non ricorre nel caso di specie. in
base all’evidenza disponibile, alcuna incertezza, alcun ragionevole dubbio sulla reale
efficacia condizionante dell’omissione degli imputati.”
Nel suddetto modo appare dunque integrata, e in termini di ipotesi controfattuale, e in
termini di 1ormula logica” (SS.UU. Franzese, 2002), la responsabilità, fra gli albi, anche
dei dottor G.
Né vale il ricorso agli obblighi contrattuali, attesa la posizione di garanzia specifica che
ogni medico (o paramedico) ha nei confronti dei pazienti a lui affidati, e che deve espletare
nel rispetto dei principi costituzionali di cui agli artt 2 e 32, così come già più volte
affermato da questa Suprema Corte (una posizione di garanzia, espressione dell’obbligo
di solidarietà costituzionalmente imposto ex art 2 e 32 Cost., nei confronti dei pazienti, la
cui salute devono tutelare contro qualsivoglia pericolo che ne minacci l’integrità; l’obbligo
di protezione perdura come già precisato per l’intero tempo dei turno di lavoro.
[Cassazione penale, sez. IV, 2 marzo 2000, n. 9638, Troiano).
Qui, dunque, non è questione di obbligo contrattuale di natura privatistica (a
amministrativistica), ma dell’esser venuto meno, il dottor G., al pari degli altri, all’esatto
adempimento dei debito di garanzia dovuto nei confronti del S., mediante la condotta che
gli è stata contestata, e che è stata di poi accertata nei termini di cui in sentenza, esenti da
qualsiasi vizio logico, oltre che anche genericamente giuridico, in funzione di un iter
argomentativo dei tutto ragionevole e convincente.
Inammissibili sono poi le censure all’accertamento di fatto che i secondo Giudici hanno
ritenuto, a seguito della considerazione degli esiti peritali; e questo per le ragioni di cui
l’insegnamento costante e condiviso di questa stessa Corte, a mente dei quale nel giudizio
di legittimità non è deducibile il vizio di travisamento dei fatto inteso come ipotesi di
contrasto fra le argomentazioni dei contesto motivazionale e gli atti processuale, sicché il
controllo demandato alla Corte di Cassazione. non può esplicarsi in indagini extratestuali
dirette a verificare se i risultati dell’interpretazione delle prove, costituenti i dati fondanti
della decisione, siano effettivamente corrispondono alle acquisizioni probatorie risultanti
dagli atti del processo (Sezione Prima, 10 febbraio 2000 n. 94). Né scusante è che gli
infermieri non abbiano mai richiesto, durante la notte, il suo intervento, essendo dovere
e scrupolo di un medico, cui è affidato un reparto (specialmente quando si tratti di una
unità dai compiti evidentemente di speciale delicatezza, quale quella di terapia intensiva in
questione) quello di prendere immediata visione, raccogliendo la posizione di garanzia che
gli viene trasferita al momento della sua presa in carico dei reparto, delle specifiche
situazioni degli ammalati, a partire dalle situazioni più delicate (e non se ne immagina una
più critica di quella presentata dal S., in fase immediatamente post operatoria a seguito
della storia chirurgica di cui in sentenza), e dunque assicurandosi della corretta
instaurazione delle terapie prescritte o ritenuta necessarie, seguendo di persona
l’evolversi della situazione fino al cessare della condizione di rischio.
Obbligo e scrupolo cui il dottor G. come affermato in sentenza è stato ben lontano dai
corrispondere.
Per quanto detto, ed assorbita ogni altra considerazione, la infondatezza dei ricorso
conduce alla declaratoria di rigetto dello stesso.
A non diversa soluzione deve pervenirsi a seguito dell’esame del motivo presentato
dalle infermiere P. e C.
Anche costoro hanno contestato l’addebitabilità di ogni responsabilità a loro, attesa la
incertezza in ordine alla causa mortis dei paziente, per la mancata perizia autoptica.
Tuttavia, l’accertamento svolto in sentenza sulla base delle perizie fondate sulla
ricostruzione storica del fatto, non consente alcuna rivisitazione del giudizio di fatto che,
per le ragioni qui prima dette e ripetute, non si presta a censure in ordine all’ordito
argomentativo dello specifico decisum.
Certo è che il S. è morto perché non solo non tempestivamente «ma mai, durante l’intero
arco della notte (quasi dodici ore dal suo rientro In reparto dopo l’intervento chirurgico, e
fino al momento In cui le sue condizioni fisiche sono irrimediabilmente precipitate) costoro
raccolsero, come era loro preciso dovere, le preoccupazioni reiteratamente ed in maniera
allarmata prospettate dalla moglie del paziente e dall’infermiera, amica di famiglia, che
insieme a costei trascorse quelle ore attendendo inutilmente che qualcuno comprendesse
ciò che a loro appariva e non vi era certo necessità di specifica competenza il gravissimo
evolversi della situazione.
La Corte ha sottolineato, attraverso il riferimento alle parole “tranquillanti” di costoro
(innanzi alla esposizione dei sintomi su cui è inutile tornare, tanto essi sono chiari anche al
di là di qualunque più elementare nozione di esperienza medica o paramedica) quale sia
stata la condizione di totale assenza di qualsiasi apporto venuto da detto personale, se
non l’aver fornito otto coperte per far fronte alla crisi ipotermica di una persona, il S. che si
stava totalmente dissanguando e disidratando, Nemmeno hanno avvertito lo scrupolo di
chiamare il dottor G. che intanto stazionava nella propria stanza, secondo contratto.
In particolare la P., con il suo ricorso, percorre criticamente la ricostruzione degli eventi
delle ore notturne, in chiave alternativa rispetto a quella di cui in sentenza. Ma ciò non è
consentito nella presente sede di legittimità, per la ben nota preclusione rispetto ad ogni
rivisitazione del merito (già qui prima evidenziata) a condizione che l’apparato
argomentativo non presenti incongruità, così come non ne presenta la sentenza
sottoposta dunque a non puntuale ed utile critica, per quanto fin qui evidenziato.
Altrettanto fa la C., sempre prendendo lo spunto dalla incertezza sulle cause della morte
del paziente (incertezza che la sentenza non manifesta), per denunciare quindi mancanza
di nesso causale, difetto di prova in ordine alla responsabilità, vizio di motivazione e
travisamento del fatto.
Ma, posto che sul nesso di causalità - anche con specifico riferimento alla posizione di
costei - la Corte di merito ha detto in maniera ineccepibile (e la “anonima correzione” -
meglio sarebbe parlare di falsificazione della cifra relativa alla quantità di urine contenute
nella sacca al momento del precipitoso ed inutile trasferimento del paziente al reparto
rianimazione, praticamente già privo di vita, è ulteriore prova della grave omissione posta
in essere dal personale infermieristico e del tentativo di “ripararvi” in chiave difensiva), ogni
altra alternativa lettura degli elementi probatori valutati (o anche non valutati perché
implicitamente ritenuti inconducenti) non può costituire argomento d’impugnazione in sede
di legittimità.
Anche tale ricorso, prevalentemente in fatto, non può trovare l’atteso riscontro censorio, e
deve rigettato anche a ragione della sua pressoché manifesta infondatezza.
Al rigetto dei ricorsi di tutti gli imputati segue la condanna di costoro, in solido, alle spese.
P.Q.M.
Visti gli articoli 615 e 616 Cpp, rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al
pagamento delle spese processuali. Li condanna altresì al pagamento in solido delle
spese civili del giudizio di Cassazione in favore delle parti civili M. Anna Maria, S.
Pierpaolo e S. Caterina, liquidandole in complessivi euro 6.000,00 (comprese le spese).
Così deciso in Roma, 1° dicembre 2004.
Depositato in Cancelleria oggi 11 marzo 2005.