Un’ottantina dipendenti, in gran parte appunto infermieri, per i quali la procura ha chiesto il rinvio a giudizio a chiusura dell’inchiesta sui casi di presunto assenteismo all’ospedale. Inchiesta che scoppiò come una bomba nel giugno dell’anno scorso, quando il sostituto procuratore Roberta Pieri chiese e ottenne l’arresto di due portieri (Giacomo Chiuchiolo e Stefano Pellegrino), un infermiere (Vincenzo Piraino), un medico (Giandomenico Pio Davidà) e una guardia giurata (Massimo Bocchetti), messi ai domiciliari con l’accusa di aver “strisciato” il cartellino di numerosi colleghi per consentire loro di arrivare al lavoro più tardi del dovuto
PRATO. Chissà se potranno invocare il “legittimo impedimento”, cioè quel principio per cui ad esempio le massime cariche dello Stato, premier compreso, possono evitare di presentarsi ad un processo in cui sono imputati. Certo è che stavolta la situazione è davvero paradossale.
Accade a Prato, dove, se gli infermieri dell’ospedale Misericordia e Dolce vorranno assistere di persona al processo che li vede imputati per truffa aggravata ai danni di un ente pubblico (cioè l’Asl), l’ospedale potrebbe essere costretto a chiudere un paio di reparti per mancanza di personale.
Sono infatti un’ottantina dipendenti, in gran parte appunto infermieri, per i quali la procura ha chiesto il rinvio a giudizio a chiusura dell’inchiesta sui casi di presunto assenteismo all’o spedale. Inchiesta che scoppiò come una bomba nel giugno dell’anno scorso, quando il sostituto procuratore Roberta Pieri chiese e ottenne l’arresto di due portieri (Giacomo Chiuchiolo e Stefano Pellegrino), un infermiere (Vincenzo Piraino), un medico (Giandomenico Pio Davidà) e una guardia giurata (Massimo Bocchetti), messi ai domiciliari con l’accusa di aver “strisciato” il cartellino di numerosi colleghi per consentire loro di arrivare al lavoro più tardi del dovuto. Questa l’ipotesi, naturalmente, basata fondamentalmente sulle immagini riprese da un paio di micro-telecamere piazzate in punti strategici.
Dell’indagine, affidata ai carabinieri del Nas, si seppe al momento degli arresti, il 23 giugno dell’anno scorso, ma gli accertamenti erano stati compiuti in gran segreto dal 29 maggio al 23 agosto del 2008, in seguito a una lettera anonima inviata nella primavera di quell’anno al direttore generale Bruno Cravedi che segnalava presunte irregolarità nella timbratura dei cartellilni. Fu l’Azienda sanitaria a informare la magistratura e poi ci vollero molti mesi per esaminare fotogramma per fotogramma le immagini riprese dalle telecamere accanto a due degli otto apparecchi marcatempo usati dai dipendenti Asl.
Per i casi ritenuti più gravi, come detto, furono disposti gli arresti domiciliari. Per gli altri bastò un avviso di garanzia. In totale, spiegò il procuratore capo Piero Tony, sarebbero stati 102 i dipendenti sospettati di aver beneficiato di timbrature false o di aver fatto un piacere a un collega. Per molti di loro fu disposta una sospensione di due mesi, subito revocata dal giudice. Il sostituto procuratore Roberta Pieri ha tirato le fila dell’i ndagine e ha chiesto il processo per circa 80 degli originari indagati, chiedendo al tempo stesso l’archiviazione per i restanti, giudicati “peccatori veniali”.
(03 aprile 2010)