domenica 15 novembre 2009
Cassazione: il riposo compensativo a seguito di reperibilità festiva non lavorata, non riduce il debito orario settimanale
Cassazione: il riposo compensativo a seguito di reperibilità festivanon lavorata, non riduce il debito orario settimanaleCORTE DI CASSAZIONE, SEZ. LAVORO - sentenza 19 novembre 2008 n. 27477SVOLGIMENTO DEL PROCESSOCon distinti ricorsi al Tribunale di Orvieto depositati il 17.2.2003ed il 5.3.2003 e successivamente riuniti gliattuali intimati, dipendenti della Provincia di Terni, esponevano chedal 1992 al 2000 avevano osservato turnidi pronta reperibilità in giorni festivi destinati al riposo senzaprestazione di attività lavorativa e che laProvincia non aveva mai concesso loro il riposo compensativo previstodal D.P.R. n. 333 del 1990, art. 49,limitandosi a corrispondere l'indennità di reperibilità. Sostenevanodi aver diritto al risarcimento del danno,definito "biopsichico", per non aver usufruito di un giorno di riposocompensativo in corrispondenza con igiorni festivi in cui avevano prestato servizio di reperibilità.Chiedevano pertanto la condanna della Provinciaal risarcimento del danno da commisurarsi ad una giornata di normaleretribuzione o da determinarsi in viaequitativa per ogni giorno di riposo compensativo non goduto inrelazione alle giornate festive di reperibilità,che ciascuno indicava nel suo ricorso anno per anno.L'Amministrazione Provinciale di Terni si costituiva e resisteva nelmerito osservando che il riposocompensativo non riduceva la prestazione oraria di 36 ore settimanali,con la conseguenza che le oregiornaliere di lavoro (6) andavano ridistribuite negli altri giornidella stessa settimana; rilevava che nelperiodo considerato nessuno dei ricorrenti aveva chiesto di usufruiredel riposo compensativo con diversaarticolazione dell'orario di lavoro;escludeva comunque che iricorrenti avessero ricevuto alcun danno dalla reperibilità festiva.Il Tribunale di Orvieto, con sentenza depositata il 17.10.2003,rigettava i ricorsi.I lavoratori proponevano appello e la Corte di Appello di Perugia, consentenza depositata il 13.2.2006, inriforma della decisione del Tribunale, condannava l'ente convenuto acorrispondere ai ricorrenti, a titolo dirisarcimento danni per il mancato godimento del riposo compensativo,un compenso pari al 30% dellanormale retribuzione giornaliera per ogni giorno festivo di prontareperibilità ricadente nel periodo dal luglio1998 all'ottobre 2000, oltre accessori.La Corte territoriale osservava che il servizio di reperibilità svoltonel giorno destinato al riposo limita, anchesenza escluderlo del tutto, il godimento del riposo, che costituisceun diritto inderogabile fissato dall'art. 36Cost., con la conseguenza che i lavoratori hanno diritto ad untrattamento economico proporzionato allacorrispondente restrizione del godimento del riposo. Rilevava,inoltre, che anche il diritto al riposocompensativo nel caso in cui la reperibilità ricadeva in un giornofestivo, previsto dal D.P.R. 3 agosto 1990,n. 33, art. 49, comma 1, doveva ritenersi inderogabile, con laconseguenza che, in mancanza, il lavoratoreaveva diritto ad una somma a titolo di indennizzo. Riteneva quindi didover determinare la misura delrisarcimento del danno in via equitativa liquidandolo in misura parial 30% della normale retribuzionegiornaliera contrattuale; tale misura teneva conto sia del fatto cheil riposo festivo era stato solo compressoma non escluso, sia del fatto che anche in caso di reperibilità illavoratore era tenuto ad osservare l'orariosettimanale di lavoro.Per la cassazione di tale sentenza l'Amministrazione Provinciale diTerni ha proposto ricorso sostenuto datre motivi e illustrato con memoria. I lavoratori resistono con controricorso.MOTIVI DELLA DECISIONECon il primo motivo di ricorso la Provincia denuncia violazionedell'art. 36 Cost., del D.P.R. n. 333 del 1990,art. 49, comma 1, dell'art. 2109 c.c., e della L. 27 maggio 1949, n.260, artt. 1 e 2, nonchè omessamotivazione. Censura la sentenza impugnata laddove ha affermato lainderogabilità ed irrinunciabilità deldiritto al riposo compensativo confondendo la nozione di riposo doposei giorni consecutivi di lavoro,costituzionalmente tutelato, dal riposo nei giorni festivi,fattispecie non sempre coincidente con la prima.Lamenta che la Corte non abbia tenuto conto del fatto che, secondoquanto affermato dagli stessi lavoratori,nei giorni di reperibilità non vi era stata alcuna prestazionelavorativa e che la reperibilità era statacompensata con apposita indennità. Sostiene che il riposo compensativonel caso di reperibilità in giornofestivo si configura come diritto disponibile subordinato a domandadel lavoratore.Con il secondo motivo, denunciando omessa motivazione, la Provinciacensura la sentenza impugnata pernon aver considerato che l'eventuale (e non obbligatoria) diversaarticolazione delle ore lavorative del giornodi riposo compensativo doveva essere prevista e regolata da un accordocollettivo che nel periodoconsiderato dai ricorrenti non era ancora intervenuto. Lamenta altresìla mancata ammissione di una provatestimoniale.Con il terzo motivo, denunciando violazione degli artt. 2087, 1223 e2697 c.c., e violazione dell'art. 112c.p.c., la ricorrente censura la sentenza impugnata per aver liquidatoil danno in via equitativa, pur nonricorrendo le condizioni di legge per una siffatta liquidazione ed inmancanza di ogni prova da parte deilavoratori del preteso danno biopsichico che assumevano di aver subito.I primi due motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente per la loroconnessione, sono fondati nei limitidelle considerazioni che seguono.E' pacifico in fatto, per quanto concerne i lavoratori resistenti, cheil servizio di reperibilità è stato lororichiesto sempre in giorno di domenica, che il lavoro in detto giornofestivo non è stato mai effettivamenteprestato, che la reperibilità è stata compensata con appositaindennità e che il giorno di riposo compensativonon è stato nè richiesto dai lavoratori nè disposto dal datore di lavoro.Ciò premesso in fatto, si discute se i lavoratori abbiano comunquediritto ad un particolare ristoro per ildanno definito "biopsichico" conseguente al mancato godimento delgiorno di riposo compensativo.La reperibilità, prevista dalla disciplina collettiva, si configuracome una prestazione strumentale eaccessoria, qualitativamente diversa dalla prestazione di lavoro econsiste nell'obbligo del lavoratore di porsiin condizione di essere prontamente rintracciato in vista di unaeventuale prestazione lavorativa. Pertanto,non equivalendo ad una effettiva prestazione lavorativa, il serviziodi reperibilità svolto nel giorno destinato alriposo settimanale limita soltanto, senza escluderlo del tutto, ilgodimento del riposo stesso e comporta ildiritto ad un particolare trattamento economico aggiuntivo stabilitodalla contrattazione collettiva o, inmancanza, determinato dal Giudice. Nella specie la reperibilità èstata compensata con apposita indennità esu di essa non vi è discussione tra le parti.Il diritto (ulteriore) ad un giorno di riposo compensativo inrelazione al servizio di pronta reperibilità prestatoin giorno festivo senza effettiva prestazione di lavoro, come nel casodi specie, è previsto dallacontrattazione collettiva. Tale diritto non può trovare la sua fontenell'art. 36 Cost., che prevede il diritto(inderogabile) al riposo settimanale in relazione ad attivitàlavorativa effettivamente prestata e non ad altreobbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro; la pronta reperibilità,pur essendo una obbligazione che trovacausa nel rapporto di lavoro, non può essere equiparata allaprestazione effettiva di attività di lavoro, poichèè di tutta evidenza che la mera disponibilità alla eventualeprestazione incide diversamente sulle energiepsicofisiche del lavoratore rispetto al lavoro effettivo e ricevediversa tutela dall'ordinamento.Nella specie il diritto in esame trova la sua fonte nel D.P.R. n. 333del 1990, art. 49, secondo cui "qualora lapronta reperibilità cada in un giorno festivo, spetta un riposocompensativo senza riduzione del debito orariosettimanale". In forza di tale disposizione il dipendente in serviziodi pronta reperibilità in giorno festivo, chenon abbia reso prestazione lavorativa, ha diritto ad un giorno diriposo compensativo ma non alla riduzionedell'orario di lavoro settimanale, con la conseguenza che è tenuto arecuperare le sei ore lavorative delgiorno di riposo ridistribuendole nell'arco della settimana.Il cit. art. 49, non precisa se il riposo compensativo debba essererichiesto dal lavoratore o disposto d'ufficiodall'amministrazione, nè chiarisce in qual modo le sei ore di lavorodebbano essere recuperate. Solo nelmarzo 2002 è intervenuto un accordo tra l'Amministrazione provincialee le OO.SS. per regolare tali aspettidel rapporto. Per il periodo precedente, nel silenzio della norma,deve ritenersi conforme all'interesse deilavoratori una interpretazione della stessa che lasci ciascundipendente libero di valutare la convenienza diutilizzare il giorno di riposo compensativo con prolungamentodell'orario di lavoro in altri giorni dellasettimana. Ciò comporta di conseguenza che la concessione del giornodi riposo compensativo nel periodoconsiderato era subordinata alla richiesta del lavoratore. E' pacificoche gli attuali resistenti non hanno maichiesto di godere del giorno di riposo compensativo in relazione allereperibilità festive indicate negli attiintroduttivi. Il mancato godimento del riposo compensativo non puòdunque essere imputatoall'Amministrazione.I lavoratori resistenti, peraltro, neppure possono sostenere di aversubito un danno da usura psico-fisica inconseguenza del mancato recupero. I dipendenti, infatti, nei giornifestivi da loro indicati non hanno svoltoalcuna attività lavorativa e l'eventuale godimento del riposocompensativo non li esimeva comunquedall'obbligo di prestare 36 ore di lavoro settimanali. D'altro cantoall'obbligo di mera disponibilità ad unaeventuale prestazione non può attribuirsi una idoneità ad incidere sultessuto psicofisico del lavoratore taleda configurare una violazione di norme generali. Il compenso perl'obbligo di reperibilità non seguito daeffettiva attività lavorativa non può che essere lasciato allacontrattazione collettiva, che nella vicenda inesame non risulta esser stata disattesa.In definitiva i primi due motivi del ricorso devono essere accolti,mentre il terzo deve essere dichiaratoassorbito. La sentenza impugnata, pertanto, deve essere cassata. Nonessendo necessari ulterioriaccertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con ilrigetto delle domande introduttive.Sussistono giusti motivi, in relazione alla particolarità dellacontroversia ed alle contrastanti decisioni deiGiudici di merito, per compensare interamente tra le parti le spesedell'intero processo.P.Q.M.La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendonel merito rigetta le domandeintroduttive. Compensa tra le parti le spese dell'intero processo.Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2008.Depositata in Cancelleria il 19 novembre 2008.--
lunedì 9 novembre 2009
PASSA LA PROPOSTA F.S.I. SULLA LIBERA PROFESSIONE PER LE PROFESSIONI SANITARIE DEL COMPARTO. UN RISULTATO TUTT'ALTRO CHE SCONTATO, DA CONSOLIDARE.
Con un testo che non ci entusiasma per l’uso della definizione “operatori sanitari non medici” invece di quella più corretta “professioni sanitarie del comparto” è passato in commissione affari sociali, alla camera dei deputati, un testo che per la prima volta fornisce una formulazione soddisfacente per l'istituzione della libera professione intra ed extra moenia per le professioni sanitarie tecniche, infermieristiche e della riabilitazione. Questo dopo più di due lustri di opportune rivendicazioni da parte della FSI, la federazione sindacati indipendentiUn traguardo che pensavamo fosse diventato una chimera; e questo anche per colpa di organizzazioni poco sindacali come il nursing up che in cambio di qualche spicciolo per i coordinatori hanno svenduto la professionalità e la dirigenza già conquistate con leggi come la 251 o la 42. Certo, l’articolo 10 del provvedimento del cosi detto “governo clinico” è ben lungi dal potersi considerare un obiettivo centrato.La strada da compiere prima di una definitiva approvazione parlamentare è ancora lunga. Adesso il provvedimento passerà all'esame delle commissioni competenti, prima dell'invio in aula. E poi al senato. Siamo soddisfatti del riconoscimento parlamentare alle rivendicazioni della federazione sindacati indipendenti.Dobbiamo però prendere atto che nel medesimo provvedimento sono contenute, ancora una volta, alcune norme smaccatamente a favore della classe medica che ottiene la posticipazione del pensionamento a settant'anni per tutti i dirigenti medici e sanitari del Ssn, nonostante la «rottamazione » prevista dal ministro Brunetta.Prevista nel provvedimento anche la nascita nelle strutture sanitarie pubbliche di un servizio di ingegneria clinica, incaricato di sorvegliare e garantire l'uso sicuro, efficiente ed economico di apparecchi e impianti che avrebbe voce in capitolo anche sulla programmazione degli acquisti e sulla formazione del personale all'uso delle tecnologie
Articolo 10. (Libera professione intramuraria degli operatori sanitari non medici).1. Ai fini di un'efficace organizzazione dei servizi sanitari, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, gli operatori sanitari non medici, operanti con rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato nelle strutture sanitarie pubbliche, hanno diritto di esercitare attività libero-professionale, in forma singola o associata, al di fuori dell'orario di servizio, purché non sussista comprovato e specifico conflitto di interessi con le attività istituzionali. 2. L'attività libero-professionale di cui al comma precedente possono essere svolte anche in forma intramuraria presso le aziende sanitarie locali od ospedaliere, gli IRCCS e le strutture sanitarie convenzionate con il Servizio sanitario nazionale. A tal fine tali enti emanano, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, specifici regolamenti per l'effettuazione della libera professione intramuraria degli operatori sanitari non medici. 3. Nell'ambito dell'attività di cui al comma 1, il personale interessato svolge le proprie funzioni nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia. Emendamenti approvati ART. 10. Al comma 2, dopo la parola: intramuraria aggiungere le seguenti: ed allargata e dopo la parola: IRCCS aggiungere le seguenti: le Aziende universitarie policlinico.
10. 3.Palumbo.
Articolo 10. (Libera professione intramuraria degli operatori sanitari non medici).1. Ai fini di un'efficace organizzazione dei servizi sanitari, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, gli operatori sanitari non medici, operanti con rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato nelle strutture sanitarie pubbliche, hanno diritto di esercitare attività libero-professionale, in forma singola o associata, al di fuori dell'orario di servizio, purché non sussista comprovato e specifico conflitto di interessi con le attività istituzionali. 2. L'attività libero-professionale di cui al comma precedente possono essere svolte anche in forma intramuraria presso le aziende sanitarie locali od ospedaliere, gli IRCCS e le strutture sanitarie convenzionate con il Servizio sanitario nazionale. A tal fine tali enti emanano, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, specifici regolamenti per l'effettuazione della libera professione intramuraria degli operatori sanitari non medici. 3. Nell'ambito dell'attività di cui al comma 1, il personale interessato svolge le proprie funzioni nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia. Emendamenti approvati ART. 10. Al comma 2, dopo la parola: intramuraria aggiungere le seguenti: ed allargata e dopo la parola: IRCCS aggiungere le seguenti: le Aziende universitarie policlinico.
10. 3.Palumbo.
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